PALERMO, 4 FEBBRAIO 2013 – È da cinque anni la “voce contro” di Palazzo Comitini, l’uomo a cui il Pd ha affidato la sua azione di opposizione al governo Avanti.
Gaetano Lapunzina, fedelissimo del segretario regionale Giuseppe Lupo, radicato a Cefalù dove, non a caso, il sindaco è suo fratello, non è un capo corrente né aspira ad esserlo, ma certamente è punto di riferimento per tutto ciò che ha a che fare con la Provincia. La notizia dell’ipotesi Burrafato non lo coglie di sorpresa.
“La voce gira – sottolinea Lapunzina – inutile negarlo, ma pensavo fosse riferita al caso di elezione di secondo grado, laddove solo uno dei sindaci può diventare presidente. E Termini Imerese ha un peso notevole tra i Comuni della Provincia. Nell’ipotesi odierna, se non ho capito male, sarebbe il candidato espresso dal Megafono, il movimento di Crocetta di cui Lumia è ispiratore. O sbaglio?”.
Nessuna voglia di fare polemica, sottolinea Lapunzina, ma il richiamo a quel metodo che il Pd si è autoimposto per la scelta dei candidati.
“Mi pare che l’indicazione delle primarie sia una strada senza ritorno, considerato anche il consenso via via maturato. E credo che sia necessario guardare ad un quadro politico più largo rispetto a quello attuale. Lo scenario delle politiche non deve trarre in inganno e comunque bisognerà lavorare per la maggiore unità possibile. Penso che della coalizione che dovrà affrontare le elezioni provinciali possa a pieno titolo fare parte anche Leoluca Orlando con i movimenti che stanno con lui. E credo anche che in quel caso si dovrà, per forza di cose, parlare di primarie di coalizione. Con le fughe in avanti non si arriva a nulla”.
Lei sa che, nell’ottica di rinnovamento, all’interno del suo partito circola anche il suo nome quale candidato alla presidenza?
“Francamente no, ma il discorso di prima varrebbe anche nel mio caso. Io ho preso l’impegno politico come un dovere, se il partito dovesse chiedermi di garantire ancora il mio impegno non mi tirerò indietro, qualsiasi sia il mio ruolo futuro. Però prima di tutto bisognerebbe affrontare seriamente la riforma delle Province, sia in termini strutturali che di competenze. Ecco perché ritengo soprattutto sbagliato anticipare il voto senza ripensare le mansioni delle Province. Ripensare non significa sopprimerle, ma anzi garantire la loro efficienza ed evitare la marginalità di alcuni territori come nel caso delle città metropolitane, la cui conformazione andrebbe totalmente rielaborata. Andare a votare subito sarebbe un errore dal punto di vista istituzionale e un suicidio politico. Così facendo il 45% di votanti di 5 anni potremo scordarcelo… La gente deve capire che la politica fa sul serio e vuole sul serio fare riforme. E c’è un’altra cosa su cui intervenire nel caso di rinvio del voto ad ottobre: la questione dei commissari. Reputo inopportuno affidare il commissariamento ai presidenti senza la presenza di controllo dei Consigli, troppo potere in una fase così delicata è un esercizio di pessima democrazia”.