PALERMO, 18 DICEMBRE – Una tragedia che non ha misteri, figlia di illegalità e di una troppo consolidata abitudine a considerare la lotta all’abusivismo una sfida perduta in partenza. Del resto viviamo in un Paese che tollera con una certa facilità le periodiche sanatorie edilizie che consentono di fare cassa ma trascurano gli aspetti legati all’origine della costruzione e quindi ai più elementari crismi di sicurezza. Ventiquattro ore dopo Palermo è piegata dal dolore per quattro vite distrutte e per il futuro assai incerto di altre sei famiglie che hanno perso tutto.
La cronaca di questa giornata ci presenta amare verità che consolidano le impressioni di chi in questa città è nato e vissuto. Sono troppe le repubbliche autonome, troppi i quartieri e i luoghi dove la legge non scalfisce le regole di un abusivismo che si manifesta in varie forme. E’ disarmante nella sua sincerità l’assessore Bazzi quando deve ammettere che i controlli sono poco efficaci fuori dalla cinta del centro storico. Sarebbe bello poter immaginare l’esistenza di un tasto reset: azzerare tutto e ricominciare daccapo. Ma Palermo, come buona parte delle città italiane in cui le Amministrazioni hanno rinunciato ad ogni forma di responsabilità, ha una memoria di milioni di mega byte. Cancellare è impossibile ma da oggi risulterà intollerabile ogni pianto postumo su tragedie che non abbiano origine veramente imprevedibili. E più semplice sarà spiegare le ragioni di un rigore che è l’unico presupposto per salvare la vita degli uomini e il futuro della comunità.
La pesantezza del lutto non deve far passare in secondo piano il sentimento della solidarietà verso chi già da questa sera ricomincia a pensare alla propria vita in alloggi provvisori intrisi di tristezza. Il cuore di Palermo dovrà battere anche per loro.