Un mito che non può invecchiare, il simbolo della trasgressione anni Sessanta. Una canzone indimenticabile.
Oggi compie 66 anni Jane Birkin. Ma noi non ci crediamo. I miti non hanno rughe, la memoria non le ammette, nel nostro archivio visivo è ancora con la minigonna, la calza velata, un dolcevita, la sigaretta che pende dalle socchiuse labbra carnose, il profilo del volto incorniciato da capelli che lasciavano scoperte le sue spigolosità sensuali.
Jane Birkin era la versione internazionale di Mita Medici, forse meno bella ma più capace di riempire la scena, qualsiasi scena: dai club ai giornali, dalla tv agli studi di registrazione. Una storia curiosa ma non unica, quella di Jane, una delle più grandi icone erotiche degli anni ’60, attrice per vocazione e cantante per …matrimonio. Conosce i mariti nel massimo della loro gloria ma li soppianta sino quasi ad oscurarli.
A metterle il microfono in mano fu, infatti, il suo primo consorte, John Barry che con il cinema aveva una frequentazione quotidiana avendo composto numerose colonne sonore fra cui quelle dei film di James Bond. La conobbe in un set, se ne innamorò, le contagiò la passione per la canzone in un periodo in cui il rock travolgeva ogni altro genere.
Per anni la Birkin ha percorso così due strade parallele: la musica e il cinema d’autore, sempre con la stesso istinto trasgressivo. Una presena, come dire, d’essai, buona critica e poco pubblico. In Italia divenne famosa per la scena a seno nudo in Blow up di Michelamgelo Antonioni, nel mondo per la sua successiva tappa d’amore.
Si trasferì in Francia, conobbe Serge Gainsbourg, artista dalle mille sfaccettature e da lui fu avviata al successo planetario, nel 1969, attraverso una canzone, una sola ma indimenticabile: Je t’aime (moi non plus). Intendiamoci, di canzoni la coppia ne incise altre ma niente a che vedere con quei 4 minuti di condensato erotico sui cui furbescamente Gainsbourg aveva saputo costruire anche una delle leggende più arrapanti della storia del pop.
Serge fece circolare la voce, con la complicità dei tecnici di studio, che i miagolii inconfondibili di Jane, i sospiri e gli urletti altro non erano che l’accompagnamento sonoro di una improvvisata scopata durata la registrazione del brano. Vero o falso? Io, ma solo per gelosia, ho sempre pensato che non fosse vero pur sapendo che sarebbero stati capaci di farlo.
Je t’aime ha avuto da subito diversi tentativi d’imitazione, per alcuni anni non c’era canzone francese priva di allusioni sonore. Successo zero perché a molti non era chiaro che il prodotto in vendita non era tanto la canzone ma quella miscela esplosiva Serge – Jane (soprattutto Jane…). Nel tempo sono arrivate anche le cover, genere di cui questa rubrica vi ( e si ) nutre. Sul podio, Madonna (teatrale esecuzione all’Olympia), Werner Muller – nella cui voce c’è un richiamo forte alle tonalità originarie – e la coppia formata da Sean Lennon (figlio di John e Yoko) e Charlotte Kemp Muhl che, rispetto agli altri, almeno sul pezzo un po’ ci hanno lavorato. E come Serge e Jane i due sono coppia anche nella vita.