Storia di un ragazzo e di un bastardo

di Redazione

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Storia di un ragazzo e di un bastardo

| venerdì 07 Dicembre 2012 - 15:35

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PALERMO, 8 DICEMBRE – Via Lo Iacono, ore 13,20, cinque minuti dopo il suono della campanella della scuola media Alberico Gentili (ma potrebbe essere qualsiasi altra scuola) di un qualsiasi giorno dell’anno scolastico (era comunque ieri). Macchine in seconda fila, l’incrocio paralizzato ma soprattutto una lotta all’ultimo sangue – è il caso di dirlo se leggerete il resto… – tra auto e pedoni, per lo più ragazzini dai dieci ai 13 anni, in spregio a strisce pedonali e alle più elementari forme di prudenza.

Non ci sono vigili, lì come del resto in altre parti della città a quell’ora, c’è fretta, c’è inciviltà e maleducazione. Una miscela esplosiva che annienta la parola sicurezza. Ma se questa è la prassi, dove sta la notizia? La notizia è che ciascuno di noi prima di ogni altra cosa è cittadino e indignarsi è un dovere specie di fronte a situazioni che mettono a repentaglio l ‘integrità dei nostri figli.

Alle 13,20 di un giorno qualsiasi davanti ad una scuola qualsiasi succede che una Toyota grigio metallizzata, con una manovra che neanche a Giochi senza Frontiere durante il feel rouge scavalca in slalom due “rivali”, accelera deciso e come una palla da bowling abbatte un ragazzo sulle strisce pedonali. Non c’è metafora, lo butta giù per davvero, si ferma un attimo, lo guarda, capisce che è lontano dalle sue ruote e via a tutto gas come nulla fosse.

Superfluo ogni commento, ma sono quattro le domande:
1) A bordo della Toyota c’era anche un bambino: cosa avrà pensato del pilota, presumibilmente suo padre, e delle ipotetiche giustificazioni di tale augusto pezzo di merda?
2) Possibile che in quella selva di madri, padri, nonni e accompagnatori di vario genere, nessuno abbia pensato di prendere il numero di targa?
3) Ci fa più ribrezzo il pilota, augusto pezzo eccetera e eccetera o piuttosto il commento “però ‘sti ragazzi bloccano una strada se attraversano così lentamente”?
4) Ma i vigili a quell’ora – la più trafficata perché si somma la chiusura dei negozi , di alcuni uffici, l’uscita di scuola e il ritorno a casa di questa massa ambulante – sono tutti in pausa pranzo?

Alla domanda 1 non rispondo, esprimo solidarietà al ragazzo. Alla 4 risponderà il comandante della Polizia Municipale, la 2 e la 3 mi provocano conati che a stento soffoco perché c’è sempre una certa tendenza a non far proprie le difficoltà degli altri e nel contempo ad esaltare il però. Viviamo nella patria del però, ci nutriamo della cultura del però, della filosofia del però. Il commento del numero 3 ricorda, con le dovute eccezioni, il “però se escono vestite così un po’ se la cercano”. Il però giustifica sempre, lava le coscienze, equipara le colpe tra vittime e carnefici. Si dice: siamo antropologicamente bizantini, siamo culturalmente arabi, siamo siamo siamo… Se dovessimo nutrirci delle tracce delle dominazioni passate sommeremmo i difetti di tutti i popoli del mondo. Azzardiamo? Siamo incivili punto e basta. E quell’automobilista qualcosa di più di un incivile: un gran bastardo.

Ps – Il ragazzo ci ha rimesso un ginocchio e un paio di jeans.

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