PALERMO, 5 DICEMBRE – Non sarà come le altre volte. O almeno si spera. Perché oggi c’è molto di più, a Sala D’Ercole, che l’elezione del presidente della nuova Assemblea Regionale Siciliana, evento certamente fondamentale per il funzionamento della macchina legislativa ma forse non del tutto compreso da chi fa fatica ad arrivare alla fine del mese.
Lontani dalla retorica e convinti dell’importanza dei ruoli istituzionali, ci augureremmo che l’assenza di una maggioranza di coalizione possa determinare un reale coinvolgimento di tutte le forse politiche nella gestione del Parlamento regionale e non il primo passaggio del mercato delle poltrone oggi raccontato con dovizia di particolari dagli organi d’informazione. Risolvere la questione del presidente già questa mattina darebbe la sensazione di una presa di coscienza da parte dei partiti di quel vento di cambiamento che impone di rigettare formule che sembrano fuori dal tempo.
Si chiede un atto simbolico, un segnale che si è voltato pagina, quel segnale che la presenza in massa dei deputati di Grillo hanno già evidenziato. Se così non sarà – e qualche segnale in questa direzione purtroppo c’è – non ci si potrà stupire se il distacco tra cittadini e politica si accentuerà ancora di più.
Noi non tifiamo per Ardizzone, candidato in pectore della coalizione vincente, come per nessun altro. Importa relativamente l’uomo che sarà eletto, riteniamo però che questa volta la forma sarà sostanza, che il metodo sarà più che indicativo del grado di consapevolezza della classe politica di una stagione che non ammette giochi di Palazzo.
Serve che il presidente sia davvero di tutti, oggi e subito, occorre una risposta immediata e concreta alla richiesta di rinnovamento di contenuti e forma. C’è voglia di un Governo efficiente e di un Parlamento in grado di stimolarne l’azione con leggi improntate al rigore e indirizzate all’interesse collettivo. Se passa il principio, si potrà forse dire che ancora una volta in Sicilia si è giocato d’anticipo e che all’anti politica si può contrapporre un’altra politica.