PALERMO, 24 NOVEMBRE – Amici, questo è un derby. Novanta minuti di calcio ad alta tensione, paura e speranza, orgoglio e passione, cuore e cervello. Non si può chiedere di più ad una vigilia dell’unico evento siciliano che si consuma su un campo di calcio. Palermo – Catania appartiene alla lista di appuntamenti che in Italia sono comparabili alle stracittadine, l’unico della serie A che eguaglia nei sentimenti le “classiche” per eccellenza.
Il Palermo ci arriva con un carico di attese di gran lunga superiore a quelle del Catania. Responsabile una classifica precaria e l’assoluta e conseguente necessità di fare tre punti prima del ciclo finale del girone d’andata che metterà in fila nel carnet rosa Inter, Juve, Fiorentina e Udinese. Le ragioni di classifica che si sommano ai motivi del derby e lo rendono ancora più infuocato.
Il crac di Bologna ha avuto conseguenze su tutti i fronti: morale, classifica e sanzioni disciplinari. Lecito attendersi una reazione figlia della consapevolezza del momento e della perfetta adesione al progetto tecnico che Gasperini ha avviato sin dalla sua partita d’esordio. Oggi, oltre al risultato, serve una risposta tecnica e di carattere per capire se l’impostazione di gioco con Donati arretrato e due rifinitori sarà una scelta da rivedere o il marchio di questa stagione.
Occorre capire se un equilibrio tra fase offensiva e difensiva è possibile, se i vantaggi del modulo superano i difetti in attesa di nuove forze a gennaio che potrebbero garantire a Gasperini valide alternative di gioco oltre che più qualità individuali.
Intanto c’è il derby, una tradizione recente da ribaltare, uno spirito da battaglia da riscoprire. Perché, forse per la prima volta dell’era Zamparini, sotto il profilo tecnico dobbiamo pagare dazio. Il Catania è superiore, affidabile in ogni zona del campo, mentalmente sereno, capace anche in trasferta di affrontare a viso aperto qualsiasi avversario. Non ci sarà Bergessio, perno centrale offensivo, generoso quanto utile nelle sponde ma certamente non insostituibile. L’estro e la rapidità di Gomez e Barrientos sono armi più temibili, il contributo nei calci da fermo di Legrottaglie e Spolli non si è mai fatto mancare e poi Lodi e Almiron hanno colpi risolutivi anche ben oltre la zona di centrocampo.
Se si devono pesare le assenze sembra più determinante quella di Barreto che costringe Gasperini a schierare un centrocampo inedito qualsiasi sia la scelta. Non è un caso che per giorni si è affacciata l’idea di riportare Donati a centrocampo e forse, senza il black out di Bologna, il tecnico l’avrebbe anche messa in atto. Spostare Donati avrebbe avuto il senso di una bocciatura che l’ex barese oggettivamente non merita per l’impegno e la dedizione con cui ha affrontato questa sua nuova “vita”. Seconda e altrettanto valida ragione: Gasperini non intende rinunciare all’uomo in più in fase di costruzione proprio contro un avversario abile nel fare girare la palla ma sofferente se aggredito nella zona nevralgica del campo.
Inutile sottolineare l’importanza del trio qualità, Miccoli – Brienza – Ilicic, strumento che dovrà consentire al Palermo di trovare presto quel gol che potrebbe rovesciare temi e umori della partita. Assieme ai tre diventano protagonisti – e speriamo non solo per un giorno – Benussi e Viola. Il portiere non ha mai fatto male, non è escluso che possa diventare più che l’alternativa a Ujkani se dovesse risultare determinante nel derby. Di Viola conosciamo soltanto le referenze, il campo che conosce è solo quello del Tenente Onorato. Oggi il vero debutto dopo gli ingiudicabili minuti finali di sette giorni fa. Gli si chiede grinta, corsa, la conferma del suo personale bagaglio tecnico in cui non difettano capacità di far gioco e tiro dalla distanza. Gli astri – come leggerete nel servizio di Ermino Ales che segue – puntano sull’estro, noi che ci nutriamo di storie romantiche di calcio, preferiremmo che proprio Benussi e Viola, ciascuno per la propria competenza, guadagnassero la prima pagina di questo derby dal valore infinito.