Jamal Khashoggi, il giornalista saudita dissidente scomparso lo scorso 2 ottobre, sarebbe stato torturato e fatto a pezzi dentro il consolato saudita a Istanbul mentre era ancora in vita. I presunti dettagli drammatici sulla morte di Khashoggi sono stati rivelati dal quotidiano filo-governativo turco Yeni Safak, che cita una registrazione audio dei momenti della tortura, dalla quale emerge la presenza del console Mohammed al-Otaibi, ripartito martedì per Riad.
Caso Khashoggi, torturato e fatto a pezzi dentro al Consolato
La maglia si stringe sempre di più sul caso della misteriosa morte di Jamal Khashoggi. Il governo saudita, che dapprima ha negato le sue responsabilità nell’accaduto affermando che il giornalista sia uscito ancora vivo dal Consolato di Istanbul, ha poi confermato che la morte sia stata provocata “per errore” da un interrogatorio “finito male”.
I sospetti delle autorità turche che indagano sulla morte di Khashoggi ricadono su cinque persone, di cui quattro collegate al principe ereditario Mohammed bin Salman. È quanto riportato dal New York Times, secondo il quale una delle persone identificate sarebbe un frequente accompagnatore del principe, visto con lui sia a Parigi che a Madrid e fotografato con Salman in occasione delle sue ultime visite negli Stati Uniti. Uno sarebbe un medico legale con incarichi di alto livello nell’amministrazione saudita che può prendere ordini soltanto dagli alti vertici della monarchia e al servizio del ministero degli Interni, le altre tre invece sarebbero collegate alla scorta del principe Mohammed.
Il resto del mondo punta gli occhi sulla drammatica vicenda. Da un lato i ministri degli Esteri del G7 in una dichiarazione congiunta hanno detto di essere “turbati” dalla morte di Jamal Khashoggi. “Coloro che sono responsabili della sua scomparsa dovranno renderne conto”, hanno dichiarato facendo appello alla collaborazione tra le autorità turche e saudite. Dall’altro il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, critica le condanne alla monarchia saudita, paragonando il principe Salman al giudice della Corte Suprema Brett Kavanaugh. “Ci siamo di nuovo – ha detto -: sei colpevole finché non viene provato che sei innocente”.