Il mostruoso dittatore ha vinto. Bashar Al Assad ha bombardato, gasato e affamato i suoi nemici, cacciandoli dalle maggiori città siriane. Ha ridicolizzato Barack Obama e David Cameron,che anni fa andavano dichiarando in pompa magna che il dittatore siriano avrebbe dovuto lasciare il potere, ma che non hanno fatto nulla di concreto per raggiungere tale obbiettivo.
Neanche i missili che il presidente americano Donald Trump ha lanciato contro le sue basi sono riusciti a fermarlo. Dal 2011 ad oggi in Siria sono morte mezzo milione di persone. Sei milioni sono gli sfollati interni, ed altri sei milioni i rifugiati all’estero. La maggior parte dei rifugiati sono arabi sunniti, che costituivano la maggior parte delle 23 milioni di persone che abitavano in Siria prima dello scoppio della guerra civile.
Altri ancora potrebbero nei prossimi mesi essere costretti a scappare, visto che il presidente Assad pare determinato a riprendersi le aree sunnite ribelli nel nord e sud-ovest della Siria. Il paese, nel frattempo, sta diventando sempre più settario e diviso su basi confessionali poichè le minoranze alauita, sciita e cristiana si impadroniscono delle proprietà abbandonate dai sunniti in fuga.
Dunque i siriani potrebbero trasformarsi in un’altra diaspora disperata, senza terra e violenta. Come i palestinesi prima di loro, potrebbero avere un effetto destabilizzante in tutta la regione del Medio Oriente. In effetti l’esperienza dei rifugiati palestinesi offre una lezione importante; i palestinesi cacciati dalla propria terra durante la nascita dello stato di Israele nel 1948 hanno fomentato violenze per decenni.
I loro raid armati fecero scoppiare la guerra arabo-israeliana del 1967, causarono poi una guerra civile in Giordania nel 1970. In Libano furono in parte responsabili del conflitto interno che devastò il paese per quindici anni, dal 1975 al 1990. Alcuni rifugiati palestinesi si diedero anche al terrorismo internazionale (si pensi al dirottamento di Entebbe nel 1976 o all’attacco contro gli atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco di Baviera nel 1972). Non sarebbe una sorpresa se fra i milioni di rifugiati siriani (peraltro molto più numerosi dei 750.000 palestinesi sradicati nel 1948) alcuni si radicalizzassero.
Potrebbero diventare facile preda per la propaganda jihadista. Già ora, anche se per fortuna non ci sono stati particolari episodi di violenza, stanno cominciando a destabilizzare i paesi che li ospitano, come Libano, Giordania e Turchia. Una lezione dal caso palestinese è che più a lungo i rifugiati stanno via dal proprio paese d’origine, meno è probabile che ritornino.
Molti siriani sono terrorizzati all’idea di tornare nella propria terra, visto che temono di essere o uccisi o costretti ad arruolarsi o rinchiusi in campi d’internamento. Per restare al potere Bashar Al Assad ha cinicamente sfruttato le rivalità geopolitiche internazionali, l’aiuto di Russia e Iran e l’impotenza dell’Onu e di un’America ed un’Europa stanche delle continue guerre mediorientali.
La sua però potrebbe rivelarsi una vittoria di Pirro. Come faranno lui e i suoi sodali a gestire un paese economicamente e socialmente distrutto, in cui la pacifica convivenza multi religiosa è ormai solo un ricordo del passato?