7 febbraio, 13:30. Siamo a Capaci, nel Palermitano. Giovanni Guzzardo, 46enne, gestore di un bar, si allontana dalla cittadina in auto, insieme a Santo Alario, che di anni ne ha 42. Sono diretti, forse, a Ventimiglia di Sicilia, località dell’entroterra che dista circa 50 km dalla costa. Ma a Ventimiglia, probabilmente, Guzzardo e Alario non arriveranno mai. Da quel giorno, infatti, i due sono spariti nel nulla.
E, dopo 3 mesi di alto mare, oggi arriva la svolta. Guzzardo riappare, emerso dalle ombre, nelle campagne attorno a Termini Imerese. I carabinieri lo trovano e lo arrestano. Il 46enne, adesso, è accusato formalmente dell’omicidio di Alario. Ma ricostruiamo i fatti.
I video WhatsApp, l’auto ritrovata e i cellullari muti: tutti i misteri del 7 febbraio
I due uomini sono a bordo di una Panda. Percorrono stradine di campagna attorno a Ventimiglia. Almeno così sembra dai video che Alario manda, quel 7 febbraio, alla compagna Rosalia su WhatsApp. “Sto andando a sbrigare una cosa e poi ti dico”, le scrive sulla chat, inviando anche una foto. Poi buio. Sono le 15:51, il collegamento si interrompe. I cellullari dei due uomini ammutoliscono. Scattano le ricerche, immediate. Tra Caccamo e Diga Rosamarina, vicino a Termini, i cani molecolari fiutano una pista. L’auto di Guzzardo viene ritrovata. Nell’abitacolo non c’è nessuno. Giovanni e Santo sono spariti nel nulla.
Gli appelli della madre di Alario e il silenzio ‘assordante’ della famiglia di Guzzardo
Rebus estenuante. Gli inquirenti non sanno proporre alcuna soluzione. Eppure qualche differenza, tra Guzzardo e Alario, c’è. E la chiave del rompicapo potrebbe essere proprio in questa differenza. Il gestore del bar, infatti, viveva a Capaci da anni, ma era originario di Caccamo. Alario, invece, era nato a Villabate, ma risiedeva – da tempo – a Carini, località balneare molto vicina a Capaci. La famiglia di Alario, fin dall’inizio, piangeva la scomparsa del 42enne. “Sto impazzendo”, ha gridato per mesi l’anziana madre di Santo. “Non capisco cosa doveva andare a fare mio figlio in quei posti sperduti”, continuava tra i singhiozzi. La famiglia di Guzzardo, invece, taceva. E tanta reticenza moltiplicava le ipotesi sulle ragioni di questo silenzio. Un silenzio che, oggi, con la prima svolta dopo mesi di misteri, rischia di diventare assordante.