Un muro di silenzio di 4 settimane va in frantumi. E, ad infrangerlo, è Aleksandr Kogan, l’Ulisse di Cambridge Analytica. L’ideatore del cavallo di Troia con cui la società di Nix ha violato le deboli difese di Facebook, vuole riprendersi la scena in uno spettacolo che, già un mese fa, sembrava volerlo protagonista.
La sua mydigitallife, essenziale al furto dei dati di 87 milioni di utenti Facebook, sarebbe – stando alle ultimissime dichiarazioni – un’app innocente e perfettamente legale. Kogan lo ribadisce, ieri, ai microfoni della CBS 60 minutes e in un’intervista rilasciata a Buzzfeed. Oggi, invece, lo dichiara di fronte davanti alla Commissione parlamentare britannica preposta all’inchiesta. E smentisce, così, tutte le accuse di reticenza.
Tutti i punti della difesa di Aleksandr Kogan
Ѐ il 21 marzo. Dal giorno zero, in cui Wall Street registrava l’improvviso crollo del titolo di Facebook, sono trascorse appena 72 ore. Il re Zuckerberg (ancora) tace, asseragliato alla corte high-tech di Menlo Park. E Kogan, oltre l’oceano, non può permettersi di perdere quest’occasione. Non può accettare che San Josè e la City di Londra gli puntino addosso gli indici. Così, rilascia alla BBC la celebre (e unica) intervista in cui rifiuta il titolo di capro espiatorio che, implacabile, si prospetta al suo orizzonte. Poi, Mr Zuck parla e Kogan scompare, forse inghiottito dalle nebbie dei chiostri di Cambridge. Di lui nessuno sa più nulla. Ed è presto chiaro quale sarà il capro espiatorio della vicenda. Aleksandr era saltato a conclusioni affrettate.
Ora Zuckerberg è fuori fuoco. Dopo le 10 ore di audizione con cui ha rassicurato i mercati e posto sotto scacco l’intero Congresso degli Stati Uniti d’America, peraltro drammaticamente impreparato, si concede una meritata pausa di riflessione. E Kogan torna a (stra)parlare. Come se fossero complementari. Ai media, il ricercatore di Cambridge fornisce sempre la stessa ritrita versione dei fatti. Wylie esagera, Cambridge Analytica acquistava dati in via perfettamente legale, la vittoria di Trump non è stata minimamente influenzata dalle sue operazioni. Questi sono i punti cardinali della sua linea. Anzi no, ne manca uno. Perché, secondo Kogan, c’è un unico colpevole, in questo perfido gioco di tutti contro tutti. E si tratterebbe di Mark Zuckerberg.
Mark e Aleksandr: una ‘strana’ somiglianza
Qualcuno suggerisce che Mark e Aleksandr si somiglino molto. Provengono entrambi da alcuni dei più prestigiosi atenei del mondo. Zuck da Harvard, dove ha creato Facebook. Aleksandr da Cambridge, dove ha creato mydigitallife. Kogan sembra una sorta di alter ego russo-britannico di Zuckerberg. Entrambi sono timidi, impacciati e piuttosto taciturni. Entrambi sono biondi e gracili. Entrambi sono geni della matematica. C’è – tra loro – una sottile differenza. Mark, infatti, non ha esitato ad assumersi tutte le colpe di Facebook. Aleksandr continua, dopo un mese di evidenze, a ribadire un’assurda linea di difesa basata su un’altrettanto assurda pretesa di innocenza. Inoltre, Zuckerberg ha fondato un impero pluri-miliardario che ha resistito alla bufera che, invece, rischia seriamente di compromette il ruolo pubblico, sociale e persino scientifico di Kogan.
Insomma, il re di Facebook e il matematico di Cambridge hanno molto più in comune di quanto possa sembrare. Kogan, probabilmente, lo sa e non perde occasione per scaricare tutte le colpe su Zuckerberg. Il ceo di Menlo Park, invece, non ha mai menzionato il nome del suo alter ergo europeo. Ammesso che lo conosca. C’è un’ultima differenza, infine, tra Mark e Aleksandr. Zuck, infatti, è nato sulle rive dell’Hudson. Kogan, invece, ha vissuto a Mosca fino a 7 anni. E le sue dichiarazioni sono leggermente sbilanciate in favore della Russia. Ma nessuno sospetterebbe mai che una spia del Cremlino si celi dietro a un ricercatore di Cambridge che somiglia vagamente a Mark Zuckerberg.