Vasta operazione contro il traffico internazionale di cocaina dei carabinieri di Livorno e della Guardia di Finanza di Pisa. È stata colpita un’organizzazione criminale al soldo della ‘ndrangheta in Toscana, si legge in un comunicato dei carabinieri.
L’operazione di polizia ha interessato le provincie di Vibo Valentia, Prato, Pistoia, Firenze e Livorno. In totale sono state eseguite cinque ordinanze di custodia in carcere, altrettante ai domiciliari e due misure interdittive.
Nell’operazione, denominata “Akuarius 2”, sono stati sequestrati oltre 130 chili di droga. Le misure sono state emesse dal gip del Tribunale di Firenze su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Firenze.
Beccati anche un gruppo di dipendenti ‘infedeli’ del porto di Livorno che garantiva lo sbarco e il prelevamento di ingenti quantitativi di cocaina dai container, contrattata da cosche della ndrangheta in Colombia e spediti per lo smercio su tutto il territorio nazionale.
Quasi tutti i dieci arrestati risultano essere legati alle attività mercantili del porto di Livorno. Altre due misure interdittive hanno riguardato due guardie giurate del porto. In carcere sono finiti Riccardo Del Vivo, Gabriele Bandinelli, Domenico Lentini, Luis Lemucchi, Massimo Bulletti, Gino Giovannetti ed Emanuele Galia. Ai domiciliari, invece, Ivano Sighieri, Marco Corolini e Luca Adami.
Secondo le indagini, i dipendenti infedeli erano a libro paga del loro referente locale collegato a soggetti calabresi, Riccardo Del Vivo, 68 anni, arrestato in carcere, a sua volta compensato mensilmente con 20mila euro proprio per gestire a Livorno l’uscita dal porto dei carichi di cocaina.
Il suo referente in Calabria è Domenico Lentini, 50 anni, bloccato stamani a Vibo Valentia e ora in carcere. Del Vivo avrebbe garantito la complicità dei vigilantes e dei portuali arrestati per individuare i container con la cocaina, entrare nel porto di notte per togliere i sigilli e prelevare la droga, quindi trasportarla all’esterno dello scalo labronico per la distribuzione alle cosche interessate.
‘Pizzini’ coi numeri giusti dei container da aprire illegalmente venivano scambiati di nascosto, anche al cimitero, mentre i vigilantes indagati provvedevano ad fare introdurre nel porto le auto su cui veniva trasportata la droga.