Il presidente degli Usa, Donald Trump, ha firmato al Pentagono un nuovo ordine esecutivo per combattere l’immigrazione. È stato sospeso, infatti, per 120 giorni il programma di ammissione dei rifugiati che dal 1980 ha permesso di accogliere circa 2,5 mln di persone. Per tre mesi inoltre non potranno entrare negli Stati Uniti i cittadini di Siria, Libia, Iran, Iraq, Somalia, Sudan, Yemen.
Per quanto riguarda i profughi siriani, il decreto prevede che non possano più entrare a tempo indeterminato, fino a quando non saranno più definiti ‘un pericolo’; l’unica eccezione è prevista per i perseguitati per motivi religiosi. Avvocati e gruppi a sostegno dei diritti umani stanno già provvedendo ai ricorsi.
Le agenzie riferiscono già dei primi casi di persone in possesso del visto permanente per gli USA, bloccati alla frontiera aeroportuale (tra cui 6 passeggeri di origine irachena e un cittadino yemenita al Cairo, diretti a New York), ma anche dei primi arresti in volo, con detenzione nelle celle degli scali aeroportuali di destinazione (il primo caso segnalato è di 2 iracheni, ora detenuti dopo l’atterraggio a New York).
Una giornata in cui non è mancato il tempo per intrattenere i primi colloqui telefonici con alcuni leader politici e nella lista c’è anche Vladimir Putin, con il quale ha conversato dopo una telefonata di circa 45 minuti con Angela Merkel, seguita a sua volta da una conversazione con Shinzo Abe, primo ministro del Giappone.
Intanto Trump ha predisposto, così come preannunciato in campagna elettorale, “una grande ricostruzione dell’Esercito” e poi ha firmato un decreto per nuovi controlli sull’immigrazione per impedire ai terroristi islamici di entrare negli Usa.
“Mentre prepariamo il budget per la difesa da presentare al Congresso (che ne sarà felice) la nostra forza militare non sarà messa in discussione da nessuno così come la nostra dedizione per la pace. Vogliamo la pace”, ha detto Trump.
“Vogliamo essere certi di non ammettere nel nostro Paese le stesse minacce contro cui i nostri soldati stanno lottando all’estero – ha continuato -. Vogliamo permettere l’ingresso soltanto a coloro che sosterranno il nostro Paese e che amano profondamente la nostra gente”.
“Mi si spezza il cuore nel vedere che il presidente Usa chiude la porta ai bambini, alle madri e ai padri che fuggono dalla violenza e dalla guerra”, ha detto l’attivista e premio Nobel per la pace 2014 Malala Yousafzai sul decreto anti-rifugiati firmato da Donald Trump. È intervenuta anche l’Onu chiedendo agli Stati Uniti di portare avanti la lunga tradizione di accoglienza senza fare distinzioni di razza, nazionalità o religione.
A parlare è stato da Lisbona anche il presidente francese Francois Hollande: “Quando le dichiarazioni del presidente americano indicano la Brexit come modello per altri paesi, credo che si debba rispondere. Serve un dialogo fermo”.
Le reazioni non sono mancate anche sul fronte dell’imprese: Google ha annunciato che 187 dei suoi dipendenti provengono da questi Paesi e avrebbe invitato loro a rientrare immediatamente prima che scatti l’ordine presidenziale, mentre dure sono le dichiarazioni di marco Zuckerberg (Facebook): “Come molti di voi, sono preoccupato dall’impatto dei recenti ordini esecutivi firmati dal presidente Trump. Abbiamo bisogno di mantenere sicuro il nostro Paese, ma dobbiamo farlo concentrandoci sulle persone che davvero rappresenta una minaccia, aprendo le porte ai rifugiati e a chi ha bisogno del nostro aiuto”.