Tensione tra politica e toghe. Rodolfo Sabelli, leader dell’Anm, al congresso nazionale del sindacato magistrati. Sabelli punta l’indice contro chi con una “consapevole strategia di delegittimazione” ha raffigurato l’Anm come espressione di una “corporazione che difende privilegi”. L’Anm attacca poi la riforma in Parlamento giudicandola “timida e incoerente”.
È chiaro che il riferimento di Sabelli alle polemiche che ci sono state tra il premier e il sindacato delle toghe sulle riforme del governo che hanno riguardato lo status dei magistrati (dal taglio delle ferie alla nuova disciplina sulla responsabilità civile). Interventi “discutibili nel merito, nel metodo e nei tempi, che hanno preceduto persino quelli delle riforme, tuttora irrealizzate, del processo e dell’organizzazione”; e che, “unite a demagogiche semplificazioni, hanno aggravato il diffuso malcontento” dei magistrati, già sofferenti per “il peso dei carichi di lavoro, delle crescenti responsabilità e della carenza di risorse”.
“La magistratura italiana non è un ceto elitario e oligarchico” e “la percezione delle istituzioni dello Stato come gruppi di potere gelosi dei propri vantaggi costituisce in se stessa una tragedia del sistema democratico”, avverte Sabelli, che rivendica all’intero vertice dell’Anm il merito di aver difeso “l’immagine e l’autorevolezza della magistratura associata, contro ogni tentativo di ridimensionamento del suo ruolo di rappresentanza e della sua stessa dignità”.
Sul tema delle intercettazioni “ha finito con l’assumere una centralità che risulta persino maggiore dell’attenzione dedicata ai problemi strutturali del processo e a fenomeni criminali endemici”.
A rimproverare la politica per la “troppa enfasi” con cui si è concentrata sul nodo degli ascolti e’ il presidente dell’Anm Rodolfo Sabelli, che fa notare come tutto questo avvenga nonostante una criminalità organizzata “diffusa ormai in ogni ambito e le forme di pesante devianza infiltrate nel settore pubblico e dell’economia”.
E sulla corruzione, che è anche lo strumento attraverso il quale “realtà mafiose si insinuano nel tessuto della pubblica amministrazione”, occorre invece una “maggiore determinazione” e bisogna dotare magistrati e investigatori di “più penetranti strumenti di indagine e di prova”, sostiene Sabelli. Una scelta imposta anche dalle convenzioni internazionali a cui l’Italia ha aderito. Concussione, traffico di influenze, corruzione privata, “ancora attendono una sistemazione definitiva, adeguata alla gravità di tali condotte”.
Dopo le critiche dell’Associazione nazionale dei magistrati, che ha accusato la politica di “fare riforme timide” e di usare contro i pm “una strategia della delegittimazione”, arriva la secca replica del responsabile giustizia del Pd, David Ermini. “Dall’Anm frasi ingenerose. Né il governo né il Parlamento hanno messo mano al sistema delle intercettazioni”, ribadisce. “Ci siamo occupati dell’aspetto legato alla pubblicità delle registrazioni”, spiega.