Dopo le antiche città assire di Nimrud, Hatra e Ninive in Iraq, anche le rovine romane di Palmyra, in Siria, rischiano di essere spazzate dalla furia distruttrice dell’Isis. I miliziani hanno lanciato un’offensiva nell’area, decapitando tra l’altro 10 soldati lealisti.
Irina Bokova, capo del corpo culturale delle Nazioni Unite dell’Unesco, ha invitato le truppe siriane e gli estremisti islamici a risparmiare Palmyra dicendo che “rappresenta un tesoro insostituibile per il popolo siriano, e il mondo”.
I soldati dello Stato Islamico sono a 2 km dalla città di Palmyra, sito archeologico dichiarato dall’Unesco patrimonio dell’umanità a 240 chilometri a sud ovest di Damasco. A lanciare l’allarme è stato anche l’Osservatorio siriano per i diritti umani. I miliziani dell’Is hanno già distrutto alcuni importanti siti archeologici in Iraq, come quello di Nimrud risalente a tremila anni fa e quello assiro di Hatra, città patrimonio dell’Unesco, sparando con kalashnikov contro manufatti del II-III secolo a.C.. Prima avevano distrutto con asce e picconi le statue conservate nel museo di Mosul e avevano dato fuoco a libri antichi della biblioteca della roccaforte dell’autoproclamato Califfato.
Palmira, un tempo nota come la “Sposa del deserto“, si trovava in un’oasi e fu un centro carovaniero per i mercanti e viaggiatori che attraversavano il deserto sulla Via della seta. Le sue rovine risalgono al II secolo a.C. e si estendono per 50 ettari. Prima dell’inizio del conflitto, nel marzo 2011, i suoi teatri e templi sono stati uno dei principali centri turistici della Siria. Palmira è uno dei sei luoghi che nel Paese fanno parte della lista del Patrimonio dell’umanità dell’Unesco. Ci sono anche le città vecchie di Aleppo, Damasco e Busra, il Krak dei cavalieri e i vicini paesi del nord.