La lunga agonia del Parma è finita. Dopo brucianti umiliazioni, false promesse e corse contro il tempo, alla fine ci ha pensato la Lazio di Pioli a staccare la spina di un club moribondo. Il 4-0 dell’Olimpico è un verdetto che non sorprende, ma che lascia comunque un vuoto significativo nel calcio italiano.
In B il Parma c’è già stato, nel 2008, con immediata risalita l’anno seguente. Ma dall’anno della promozione in Serie A nel 1990, la formazione crociata è sempre stata protagonista conquistando anche tre Coppe Italia, una Supercoppa italiana, una Coppa delle Coppe, due Coppa Uefa ed una Supercoppa Europea.
I numeri sono tutti dalla sua parte. Dopo Milan, Juventus e Inter, il Parma è il quarto club italiano, e fra i primi quindici d’Europa, nella classifica generale delle coppe europee vinte. Eppure il suo scintillante palmares, con ogni probabilità, non gli eviterà una probabile discesa in Serie D.
Fra pochi giorni prenderanno il via le aste per la vendita del club. Le speranze dei tifosi sono tutte riposte nell’arrivo di un imprenditore di primo piano che possa garantire quantomeno un futuro solido.
Il debito sportivo pesa come un macigno sulla possibile iscrizione del club alla serie B. Trovare 50 milioni di euro per i curatori fallimentari Anedda e Guiotto non è compito facile. Gli incontri con Figc, Lega e Assocalciatori sono continui.
I tifosi sognano l’azionariato popolare, ma la speranza è la Serie B. Ben magra consolazione. Il 14 maggio del 1992, data della prima Coppa Italia con il successo sulla Juventus per 2-0, è un ricordo lontanissimo.
Così come lo è anche il 12 maggio 1993 quando a Wembley Nevio Scala conquistò il primo trofeo continentale superando per 3-1 l’Anversa. Ripartire o morire? Dopo 25 anni di gloria sportiva il Parma merita chiarezza.