“Eravamo in 950. C’erano anche 200 donne e 50 bambini con noi. In molti erano chiusi nella stiva”. Sono andati in fondo al mare senza neanche poter provare a salvarsi, non c’è fine all’orrore nel canale di Sicilia. È la testimonianza di un giovane del Bangladesh che è tra i 28 sopravvissuti della strage che ha visto oltre 700 morti.
“Siamo partiti da un porto a cinquanta chilometri da Tripoli, ci hanno caricati sul peschereccio e molti migranti sono stati chiusi nella stiva. I trafficanti hanno bloccato i portelloni per non farli uscire”. Erano soprattutto donne e bambini. Come in altri naufragio, come in altri sbarchi, sembrerebbe che anche stavolta è accaduto così. Lo conferma anche il comandante del mercantile portoghese King Jacob che per primo è arrivato sul luogo della tragedia.
“Stavamo navigando nella loro direzione – ha detto l’uomo ai nostri soccorritori – Appena ci hanno visto si sono agitati e il barcone si è capovolto. La nave non lo ha urtato, si è rovesciato prima che potessimo avvicinarci e calare le scialuppe”. Chi ha potuto ha tentato di aggrapparsi a qualcosa ma in molti non hanno neanche capito quel che stava accadendo. “Ci sono soltanto nafta e detriti, pezzi di legno che vanno alla deriva e qualche salvagente. Non troviamo più nulla” ha raccontato uno dei soccorritori.In zona sono stati dirottati anche diversi pescherecci. In uno di questi c’era il comandante Giuseppe Margiotta. “Ci hanno chiamato dalla centrale operativa e ci hanno chiesto di mollare la pesca e di andare a salvare delle persone. E noi come sempre, non ci siamo tirati indietro. Ma di vivi non ne abbiamo visti. Abbiamo trovato quattro cadaveri e abbiamo atteso le autorità che arrivassero per prenderli”. Il rammarico è, dice Margiotta, che”ogni volta speri di salvarne almeno uno e quando dopo venti ore che guardi il mare hai gli occhi che ti bruciano e non sei riuscito a vederne neanche uno, puoi soltanto piangere. Lo sai che sono tutti in fondo al mare, anche se non ci vuoi credere”.