Una giornata trascorsa con il fiato sospeso. L’emozione per gli spari e le urla, poi la certezza della tragedia con i tre morti, il panico, l’inseguimento, la cattura dell’imprenditore killer, le conferenze stampa a vario titolo, i tentativi di ricostruzione ancora parziali, i tentativi – ancora più parziali – di spiegazione dell’accaduto, i messaggi di cordoglio alle famiglie delle vittime e di fiducia ai cittadini, le polemiche politiche e le strumentali richieste di dimissioni del ministro di turno, gli immancabili talk show di “celebrazione” dell’evento. Tutto in poche, drammatiche ore, che hanno portato Milano e il suo Tribunale alla ribalta della cronaca.
Sullo sfondo la più gettonata delle domande: come ha fatto Claudio Giardiello a entrare con la pistola? La risposta, anzi le risposte: un tesserino falso, l’ingresso dal settore avvocati-magistrati, controlli non proprio blindati, qualche responsabilità da accertare e punire.
È mancata però quasi del tutto quella che sembra essere la domanda più inquietante: come ha fatto a uscire? E qui le ricostruzioni sono un po’ più lacunose, certamente meno dettagliate. La riflessione serale è: come si fa a uscire armati e indisturbati dal Palazzo di Giustizia, con la pistola fumante, dopo aver attraversato vari corridoi, dopo avere sceso tre piani di scale, dopo avere ucciso tre persone, dopo avere scatenato il panico? Ecco, il panico. Qualcuno risponderà che è stato il panico e la concitazione del momento a permettere all’assassino di scappare. Per un po’ si è perfino detto che l’assassino era ancora asserragliato in qualche aula per poi scoprire che era a Vimercate pronto a uccidere ancora.
Strano questo Paese. Se vuoi andare allo stadio – specie in trasferta – devi passare controlli di sicurezza che nemmeno al 41 bis; se vuoi partire in aereo ti fanno togliere pure cinta e scarpe e ti contestano (e sequestrano) anche il flaconcino di shampoo fuori misura e la pinzetta per le unghia. Al Tribunale no, puoi fare una strage a colpi di pistola e sperare di farla franca.
È normale? No, che non è normale. Così come non è normale – diremmo eroica o iperefficiente – la fase della cattura. L’assassino che ha così tanta libertà dentro il Tribunale viene poi identificato a tempo di record, inseguito e catturato a parecchi chilometri di distanza dal luogo del delitto. In appena un’ora.
Ce la raccontate bene questa storia?