Tre anni di astinenza, dallo sport e dalle vittorie. Un calvario infinito quello di Alex Schwazer, campione olimpico finito nell’occhio del ciclone dopo la lunghissima squalifica per doping. Da oggi si volta pagina, il tecnico Sandro Donati sarà il suo punto di riferimento: “Ha accettato di allenarmi. Tutti i miei test ematici saranno visibili – dichiara in conferenza – Non sono più il pazzo che lavora da solo pieno di vendetta e desideroso di far vedere le sue qualità”.
“Sarò un atleta con un programma, con un coach, e con una precisa metodologia. Lo so: in tanti dubiteranno. Anch’io quando ero pulito e rientravano i dopati ero polemico e per niente contento – prosegue l’atleta di Vipiteno – Ma la mia storia ricomincia e non in maniera facile. Ho scelto il tecnico che più ha studiato il doping e più l’ha combattuto in Italia. Potevo non farlo. Vorrei invece dare a tutti garanzie della mia serietà e del mio impegno”.
In vista anche il trasferimento a Roma, per allenarsi meglio: “Ho fatto questa scelta così che Donati mi possa seguire. Sarò fisicamente vicino ai laboratori antidoping. Per accettare la mia proposta Donati ha voluto sapere meglio del mio passato. Ci siamo parlati, ho chiarito molto. È una bella sfida per entrambi che mi auguro di vincere”.
Che vita è senza sport? “Una vita apatica. La quotidianità senza esercizio fisico mi è ostica. Ho 31 anni e premetto che io ho fatto sempre sport: hockey, atletica, ciclismo. La scuola non mi interessava, ci andavo in tuta. Non c’era materia che mi appassionasse – si racconta – non ci tenevo ad essere un campione lì. A differenza di mio fratello, grande specialista di latino e greco. E quando ho preso il diploma nell’istituto dove mia madre era bidella ho giurato: mai più in un’aula“.
“Dopo Londra 2012 ero cotto, non carburavo più. Il solo pensiero di allenarmi mi disgustava, non ne sentivo il bisogno – racconta Schwazer – Riuscivo a rilassarmi solo a tavola. Il resto ero un disastro. Così mi sono iscritto all’università di Innsbruck, corso triennale di management e turismo, a 70 km dal mio paese, Calice. Ma senza fare vita di campus”.
Poi prende la parola Donati: “La rinuncia alla privacy di Schwazer è stato un segnale importantissimo. La sua disponibilità a essere controllato h24, e non più solo nel corso di una finestra di un’ora nell’arco di una giornata, credo sia un passo enorme e rivoluzionario. I medici potranno svolgere gli esami su Schwazer come e quando vorranno senza avvisare nessuno, me compreso”.
“In più avranno contatti diretti con la Coni Nado, la quale potrà disporre liberamente di tutti dati dell’atleta – continua Donati – Un’idea che rompe gli schemi, e poteva venire forse soltanto a un giovane. Mi hanno fatto piacere le parole del presidente del Coni Malagò, ma sono sicuro che ci saranno anche tante persone che non capiranno questa mia scelta”.
Quali possano essere i margini di recupero di Schwazer, rimane ancora un mistero: “È fermo da due oltre anni, tempo molto lungo, ha 31 anni ed è reduce dall’utilizzo di doping. Hoi visto i suoi dati e mi sono fatto un’idea della situazione, anche se altri particolari dovranno essere chiariti. Non ho esperienza diretta con la marcia, che è disciplina molto specifica. Per questo ho chiesto aiuto a un esperto del settore come il professor Mario De Benedictis“.