Barack Obama si schiera ancora contro il razzismo chiedendo a migliaia di americani, riuniti a Selma in Alabama, di continuare nella lotta contro ogni forma di discriminazione negli Stati Uniti.
Nel cinquantesimo anniversario della marcia per i diritti civili entrata nella storia, il primo presidente nero americano aveva accanto la moglie Michelle e le due figlie, l’ex presidente George W. Bush e la consorte Laura, e circa cento membri del Congresso, in gran parte democratici; tra i repubblicani, il leader della maggioranza alla Camera, Kevin McCarthy.
“Sappiamo che la nostra marcia non è ancora conclusa – ha detto Obama – ma ci stiamo avvicinando. Il cambiamento dipende da noi, dalle nostre azioni, da quello che insegniamo ai nostri figli. Con questo sforzo possiamo assicurarci che il nostro sistema giudiziario funzioni per tutti, non per alcuni”.
Il presidente ha fatto riferimento al diciannovenne ucciso nel Wisconsin e agli altri episodi di violenza della polizia nei confronti di afroamericani, come quello del Missouri, dove il 9 agosto scorso è stato ucciso Michael Brown. “Rifiuto l’idea che nulla sia cambiato – ha continuato Obama – quanto è accaduto a Ferguson potrebbe non essere un fatto isolato, ma non è più endemico o sancito dalla legge e dai costumi, come lo era prima del movimento per i diritti civili”.
Obama ha parlato nello stesso luogo dove il 7 marzo 1965, circa 500 dimostranti diedero inizio a una marcia da Selma a Montgomery, la capitale dell’Alabama, bloccata dalle forze dell’ordine sull’Edmund Pettus Bridge: un giorno ricordato per sempre come il “Bloody Sunday” statunitense.