La terza sezione del Tar di Palermo ha accolto il ricorso della “Humanitas” nei confronti della Regione siciliana e dell’Assessorato regionale della Salute, riaprendo di fatto un caso politico esploso nel 2013 e sul quale si è anche rischiata la crisi di Governo. Anche perché i manager di riferimento del centro catanese erano la madre (Nunziata Sciacca, direttore sanitario) e lo zio (Giuseppe Sciacca, amministratore) del deputato regionale Luca Sammartino.
In un momento in cui la sanità siciliana è nell’occhio del ciclone per la morte della piccola Nicole (la neonata morta nel tragitto in ambulanza perché non c’erano posti letto disponibili negli ospedali catanesi) la decisione del Tar rappresenta una pesante bocciatura della politica sanitaria dell’Assessorato che rischia di perdere il suo vertice, Lucia Borsellino, che la scorsa settimana ha annunciato le proprie dimissioni (non ancora confermate).
Una vicenda complicatissima, quella che riguarda il centro oncologico catanese Humanitas (che fa parte di un gruppo ospedaliero presente in Italia con diverse strutture) che avrebbe avuto nel 2013 rassicurazioni -scritte, non verbali – da parte dell’Assessorato prima e della Giunta poi, circa l’imminente conversione di 70 posti letto da libero professionali a convenzionati. C’è di tutto, in questa vicenda: una delibera di Giunta, l’accordo siglato tra le parti, un decreto assessoriale che lo approva, una successiva revoca dello stesso in autotutela, pubbliche dichiarazioni di smentita e controsmentita, il ripensamento della Giunta: il tutto in un contesto di pochissima chiarezza e di scarsa coerenza programmatica, con l’aggiunta di interminabili e rumorose polemiche politiche che hanno spaccato il Parlamento regionale per oltre due mesi e perfino richieste di dimissioni nei confronti della Borsellino (che in quei giorni valuterà per la prima volta l’idea di lasciare l’incarico, avendo già sulle spalle il peso della vicenda – a tratti grottesca – relativa alla nomina dei manager).
I FATTI – Il 2 luglio 2013 la Giunta regionale “apprezza” la bozza di accordo con cui la Regione si impegna alla “conversione” dei posti letto prevedendo un aumento, con una sorta di extrabudget, fino a 10 milioni di euro all’anno. I nuovi posti letto, peraltro, non erano previsti dalla rete ospedaliera e quando su tale punto esplode la polemica la risposta dell’amministrazione Crocetta é che “erano stati previsti dal precedente governo Lombardo”. Cosa che Massimo Russo, assessore dell’epoca, smentì categoricamente in una intervista al sito Livesicilia, diffidando la Borsellino ad assumersi la responsabilità esclusiva di quella scelta.
L’accordo con l’Humanitas viene formalmente raggiunto e sottoscritto dall’assessore Borsellino il 5 settembre 2013 (con tanto di richiesta della necessaria documentazione antimafia) e approvato con decreto il 12 settembre 2013, cosa che aveva spinto l’Humanitas ad avviare la cantierizzazione per la realizzazione della struttura (che poi a maggio 2014 è stata “promossa” dalla Joint Commission International) nel territorio di Misterbianco (provincia di Catania).
A ottobre 2013 con un decreto (“non comunicato né pubblicato”, scrive il Tar) l’assessore revoca il decreto del mese precedente, ritenendo pregiudiziale all’incremento di posti letto in convenzionamento la disponibilità di risorse economiche e l’inserimento nella procedura di riordino della rete ospedaliera.
Il 6 novembre 2013 la Giunta ritira la precedente delibera di luglio ritenendo che erano venuti meno i presupposti per l’attuazione dell’accordo e qualche giorno dopo l’assessore Borsellino si affretta a “precisare” che l’accordo con l’Humanitas aveva un contenuto “meramente programmatico”.
LE MOTIVAZIONI DEI GIUDICI: Il Tar ha ritenuto vincolante l’accordo del settembre 2013, sottolineando che la Regione, fin dalle premesse del citato accordo (dove si parla fra l’altro di incidere in modo significativo sugli effetti della mobilità passiva) abbia assunto obblighi precisi riferiti all’accreditamento e alla contrattualizzazione di ulteriori posti letto.
Il Tar inoltre ritiene che il decreto assessoriale di revoca in autotutela dell’ottobre 2013 sarebbe illegittimo per violazione dell’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento e per eccesso di potere sotto il profilo del difetto di motivazione e istruttoria.
Ancora più caustica, la sentenza del Tar, sui motivi che avrebbero portato alla revoca dell’accordo, laddove si fa riferimento alla necessità di rispettare il parametro di 3,7 posti letto ogni mille abitanti. I giudici sottolineano come questa revoca sia arrivata ad appena un mese di distanza dalla delibera assessoriale e che certamente non ricorrono sopravvenuti motivi di pubblico interesse. “Si tratta, a ben vedere, di circostanze che erano ben note alla Regione al momento della adozione del decreto 1681/2013 (quello di ottobre non pubblicato nè comunicato, ndr) e che pertanto non integravano gli estremi dei sopravvenuti motivi di pubblico interesse normativamente richiesti per revocare precedenti determinazioni o recedere da accordi già siglati”.
Per quanto riguarda la richiesta di risarcimento danni conseguenti allo stop nell’ultimazione della struttura, la terza sezione del Tar ha deciso di rigettarla “tenuto conto che l’interesse della parte ricorrente è stato soddisfatto in maniera specifica e celere mediante l’annullamento degli atti con i quali è stato posto nel nulla, da parte della Regione, l’accordo siglato in precedenza”: in sostanza, per effetto della decisione del Tar quell’accordo firmato ha ripreso efficacia.