L’audizione di Giorgio Napolitano da parte dei giudici di Palermo sulla trattativa Stato-mafia poteva essere evitata. Non ha dubbi il presidente della Corte d’appello di Milano Giovanni Canzio in occasione dell‘inaugurazione dell’anno giudiziario.
“È mia ferma e personale opinione – ha detto Canzio – che questa dura prova si poteva risparmiare al Capo dello Stato, alla magistratura stessa e alla Repubblica Italiana”.
Il passaggio che riguarda la deposizione di Giorgio Napolitano è stato messo nero su bianco da Giovanni Canzio nella relazione ‘ufficiale’, quella che apre con un passo tratto dall”Elogio dei giudico scritto da un avvocato’ di Piero Calamandrei e ben rilegata, e non in quella più breve letta nell’Aula magna.
In quest’ultima gli accenni alla vicenda del capo dello Stato uscente, citato come teste dai giudici di Palermo, sono stati ‘omissati’. Canzio ha ricordato come Napolitano “con equilibrio e saggezza” abbia “salvaguardato le prerogative presidenziali insieme con i valori di indipendenza e autonomia della magistratura, e del quale abbiamo ammirato, nell’esercizio del difficile mandato, il rigore morale e intellettuale, a difesa dei valori costituzionale della Repubblica Italiana”.
Nella relazione ‘ufficiale’ si legge in aggiunta come il capo dello stato uscente ha saputo tenere “la barra diritta sul crinale davvero impervio della sua recente audizione, nel palazzo del Quirinale, da parte dei giudici della Corte d’Assise di Palermo”.
Non ho intenzione di commentare le dichiarazioni del presidente della corte d’appello di Milano, ma l’utilità della citazione a testimoniare dell’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è già stata oggetto di valutazione della corte d’assise di Palermo”. L’ha detto il pm Nino Di Matteo, titolare del processo sulla trattativa Stato-mafia.