Cresce l’attesa per la sentenza del processo d’appello per la morte di Stefano Cucchi, il geometra romano arrestato a Roma il 15 ottobre 2009 per possesso di droga e deceduto una settimana dopo nell’ospedale Sandro Pertini.
Sul banco degli imputati sei medici, tre infermieri e tre agenti della polizia penitenziaria. In primo grado furono condannati soltanto i medici (due per omicidio colposo e una dottoressa per falso).
Adesso il procuratore generale ha chiesto di ribaltare la sentenza condannando tutti gli imputati.
Un processo difficile, che ha visto negli anni moltiplicarsi testimonianze e perizie. La famiglia di Cucchi, con la sorella Ilaria in prima fila, ha sempre sostenuto che il ragazzo morì per l’aggressione subita da parte degli agenti.
LA SENTENZA DI PRIMO GRADO. Per i pm di primo grado Stefano Cucchi fu “pestato” nelle camere di sicurezza del tribunale capitolino, dove si trovava in attesa dell’udienza di convalida del suo arresto per droga. E in ospedale furono ignorate le sue richieste di avere farmaci e fu abbandonato e lasciato morire di fame e sete.
Diversa la visione dei giudici, per i quali Cucchi non fu picchiato nelle celle di sicurezza del tribunale, ma morì in ospedale per malnutrizione e l’attività dei medici fu segnata da trascuratezza e sciatteria. Da qui la condanna dei medici.
Dopo la condanna è stato stabilito un maxi-risarcimento alla famiglia da parte dell’ospedale.
IL PROCESSO DI APPELLO. Il secondo grado si è aperto a settembre. Per il Pg il “pestaggio” ci fu, ma dopo l’udienza di convalida del suo arresto e non prima.