I boss di cosa nostra non sono ammessi alla deposizione di Giorgio Napolitano nell’ambito del processo sulla trattativa Stato-mafia. La decisione è della Corte di Assise di Palermo che ha rigettato la richiesta avanzata dagli imputati: oltre a Totò Riina, avevano chiesto di essere presenti anche Leoluca Bagarella e l’ex ministro Nicola Mancino.
La deposizione è fissata al Quirinale per il 28 ottobre. Riina tramite il suo legale Luca Cianferoni ha spiegato le ragioni del perché voleva essere presente, riportate dal Corriere della Sera: “Andare al Quirinale per dare corso alla prova costituisce un atto dovuto, ma negare all’imputato il diritto di partecipare non altrettanto: non si vede perché l’imputato non debba presenziare”.
In un passaggio della memoria di nove pagine firmata dal legale del boss mafioso, si legge: “Come assolutamente non poteva venti anni fa, neanche oggi il Paese può ancora permettersi la verità su quelle stragi”.
I giudici di Palermo hanno argomentato la decisione: al Quirinale la Costituzione riconosce una immunità che di per sé impedisce la presenza degli imputati alla deposizione del capo dello Stato al processo sulla trattativa Stato-mafia. L’immunità della sede, precisano i giudici, “ad esempio esclude l’accesso delle forze dell’ordine con la conseguenza che non sarebbe possibile né ordinare l’accompagnamento con la scorta degli imputati detenuti, né più in generale assicurare l’ordine dell’udienza come avviene nelle aule di giustizia preposte”.
Inoltre, a ulteriore sostegno dell’esclusione della presenza dei boss Riina e Bagarella, la Corte precisa che questi “per legge non potrebbero partecipare neppure a un processo che si svolga in un’aula ordinaria”: la legge, infatti, prevede per i capimafia al 41 bis la presenza in videoconferenza. “Previsione – dice la Corte – che rende impossibile la loro presenza al Quirinale. Né – spiega la Corte – in assenza di norme specifiche potrebbe farsi ricorso alla partecipazione a distanza, poiché questa è prevista solo per le attività svolte nelle aule di udienza”.
“É una decisione giuridicamente errata perché Riina, come tutti gli altri imputati, ha interesse a conoscere i rapporti intercorsi tra Mancino, D’Ambrosio e la presidenza della Repubblica a proposito di questa trattativa che viene contestata a Riina”, ha dato ad Affaritaliani.it Cianferoni: “Non sono d’accordo con il giudice Montalto – continua Cianferoni -. Ci sarà modo di rivedere questa decisione in altre sedi. Loro sono i giudici ma noi faremo l’impugnazione del caso”. Cianferoni annuncia anche che chiederà l’annullamento del processo: “Lo farò certamente. Io il 28 ci sarò ma non ci faranno fare nulla. Questa decisione fa capire che non si potrà neppure fare domande. Credo che venga negato il diritto alla difesa”.