Il sì alla fiducia per il Jobs Act è arrivato a notte fonda, grazie a 165 preferenze favorevoli, 111 no e 2 astenuti in Senato. Il governo Renzi incassa la fiducia per la ventiquattresima volta e ora deve aspettarsi un nuovo lungo dibattito alla Camera. Perchè la giornata della fiducia per la riforma del lavoro al Senato è stata tutto fuorché semplice: la tensione tra opposizioni, Pd e minoranza del Pd era alla stelle.
E il culmine della sofferenza si è presentato puntuale con le proteste, accesissime, contro il presidente del Senato Piero Grasso. Dopo che Lega Nord e Movimento 5 Stelle avevan deciso di occupare i banchi del governo, il capogruppo del Carroccio Gian Marco Centinaio ha deciso di lanciare un libro e i fogli del regolamento contro Grasso, giustificandosi poi: “Solo un momento di nervosismo, ma non volevo fargli male, ho una buona mira”.
Il lancio di oggetti è stato un po’ il leitmotiv della giornata, con il gesto del lancio delle monetine verso i ministri Boschi e Poletti da parte del senatore pentastellato Petrocelli, costretto poi ad abbandonare l’Aula tra la bagarre generale. Sembrerebbe anche che il capogruppo di Sel Loredana De Petris e il senatore del Pd Roberto Cociancich abbiamo avuto uno scontro quasi fisico e che i colleghi abbiano dovuto allontanarli.
Insomma, forse il contenuto della votazione e la riforma del lavoro stessa si sono perse di vista nelle lunghe ore in Senato. Mentre il premier Renzi si riuniva con i grandi d’Europa a Milano, tra il plauso di Merkel e Schulz, il nodo dell’articolo 18 è stato sciolto soltanto alle 00.52 ma adesso dovrà passare alla Camera. Dove il Pd dovrà affrontare le proprie rotture interne: 27 senatori e 9 deputati democratici hanno sottoscritto un documento per esprimere il proprio dissenso.
Le piccole modifiche al ddl lavoro dunque non bastano a calmare le acque. E in direzione Pd oggi i nodi potrebbero venire al pettine. Ai cronisti riuniti ad attenderlo al Nazareno, il premier ha detto secco: “Andremo avanti nonostante le sceneggiate”