“Parlare chiaro e ascoltare con umiltà”. Sono le due indicazioni di metodo che Papa Francesco ha voluto dare aprendo il Sinodo straordinario sulla famiglia, che si concluderà tra due settimane il 19 ottobre.
“È una grande responsabilità – ha detto Bergoglio – portare le problematiche delle chiese locali, per camminare in quella via che è il vangelo della famiglia. Una condizione di base è questa: parlare chiaro, nessuno dica ‘questo non si può dire così o così’, bisogna dire tutto ciò che si sente con parresia”.
“Dopo l’ultimo concistoro, a febbraio 2014 nel quale si è parlato di famiglia – ha raccontato papa Francesco – un cardinale mi ha detto ‘peccato che alcuni cardinali non hanno avuto il coraggio di dire alcune cose, per timore del Papa, per paura che il Papa pensasse diversamente’. Questo – ha affermato il Pontefice – non va bene, questo non è sinodalità, bisogna dire tutto quello che si sente, e al tempo stesso si deve ascoltare e accogliere con cuore aperto quello che dicono i fratelli, con questi due atteggiamenti si esercita la sinodalità. Parlare con parresia e ascoltare con umiltà – ha concluso – vi chiedo questi atteggiamenti”, e di viverli con pace “perchè il sinodo si svolge sempre ‘cum Petro e sub Petro’ e la presenza del Papa è garanzia per tutti, collaboriamo perchè si affermi con chiarezza la dinamica della sinodalità”.
All’apertura del Sinodo straordinario il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario del sinodo, ha fatto una serie di raccomandazioni ai padri sinodali riuniti da stamane al 19 ottobre in Vaticano, insieme a Papa Francesco, per discutere delle “sfide pastorale sulla famiglia nel contesto della evangelizzazione”. Prima indicazione: “Non usare Twitter durante il dibattito per mantenere la dovuta riservatezza”. “Siete liberi di parlare con i giornalisti e dare interviste al di fuori dell’aula sinodale”, ha detto ancora Baldisseri, lasciando “alla prudenza di ciascuno la valutazione di cosa dire accompagnando lo sviluppo del dibattito nei suoi diversi temi”.
Tra i temi al centro del Sinodo, l’apertura della Chiesa nei confronti dei divorziati.
“I divorziati risposati civilmente appartengono alla Chiesa, hanno bisogno e hanno diritto di essere accompagnati dai loro pastori”, ha affermato il relatore generale cardinale Peter Erdo leggendo la “relatio ante disceptationem”.
La “relatio” dedica una ampia parte ai temi dei divorziati risposati e della loro cura, e alle convivenze e matrimoni civili. Segnala tra l’altro che non pochi dei contribuiti alla stesura dell’Instrumentum laboris ribadiscono che “bisogna tenere conto della differenza tra chi colpevolmente ha rotto il matrimonio e chi è stato abbandonato”, suggerendo che “la Chiesa dovrebbe prendersi cura di loro in modo particolare”.
Il documento suggerisce inoltre che in ogni chiesa ci sia un sacerdote “debitamente preparato, che possa previamente e gratuitamente consigliare le parti sulla validità del loro matrimonio”. Infatti, molti sposi non sono coscienti dei criteri di validità del matrimonio e tanto meno della possibilità dell’invalidità. Dopo il divorzio, questa verifica deve essere portata avanti, in un contesto di dialogo pastorale sulle cause del fallimento del matrimonio precedente, individuando eventuali capi di nullità. Allo stesso tempo, evitando ogni apparenza di un semplice espletamento burocratico ovvero di interessi economici. Se tutto questo si svolgerà nella serietà e nella ricerca della verità, la dichiarazione di nullità produrrà una liberazione delle coscienze delle parti”.
La “relatio” indica un lavoro per “individuare eventuali campi di nullità”, e raccomanda “allo stesso tempo” di evitare “ogni apparenza di un semplice espletamento burocratico ovvero di interessi economici”.
In questo campo il Sinodo lavorerà, sembra evincersi dalla “relatio” anche alla proposta che in alcuni casi il vescovo diocesano possa, in via extra-giudiziale, formulare una dichiarazione di nullità del matrimonio. Questo caso si potrebbe dare qualora la “intenzione di fede” nel contrarre il matrimonio fosse stata palesemente ignorata.
La soluzione più pastorale che invece si coglie come presente al sinodo è quella “ortodossa”, di una riammissione ai sacramenti dei divorziati, dopo un percorso penitenziale.