Il giorno dopo la direzione del Pd, dove le anime del partito si sono confrontate in particolare sul jobs act, il premier Matteo Renzi appare sereno e dice di non temere i franchi tiratori al Senato. “Non credo ci saranno – dice – anche perché ieri c’è stata una discussione seria, lunga, al termine della quale il partito si è espresso (130 sì al premier-segretario, 20 no e 11 astenuti ndr.). Ora si tratta di definire il documento nelle varie fattispecie”.
“Credo – aggiunge parlando del Jobs Act in un’intervista al Washington Post – che la gente sia con noi, non con i sindacati. L’Italia necessita di un cambiamento radicale, è facile da spiegare ma non da realizzare. In generale penso che il ruolo dei sindacati sia importante ma è importante per me dare il messaggio che, se i sindacati sono contrari alle nostre proposte, ci lascino continuare ed andare avanti. Non siamo legati al destino dei sindacati”.
Proprio con i sindacati il premier ha ingaggiato un duro contro nelle scorse settimane, con un botta e risposta suon di tweet e video.
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La legge delega sulla riforma arriverà nell’aula di Palazzo Madama per la discussione generale. Le votazioni potrebbero cominciare giovedì o, al massimo, martedì della prossima settimana. Si vedrà se la “vecchia guardia” capitanata da Pier Luigi Bersani ostacolerà il cammino del provvedimento. Ad aiutare il premier potrebbe essere la parziale apertura fatta ad alcuni espoenti del partito con la previsione del “reintegro per discriminatorio e disciplinare”. Una novità, dal momento che finora il governo aveva garantito il reintegro solo per licenziamento discriminatorio.