Matrimoni gay sì o matrimoni gay no? Possono i matrimoni tra persone delle stesso sesso essere iscritti nei registri delle unioni civili di cui molti comuni italiani si stanno dotando? Non esiste una risposta a questa domanda, o meglio: non esiste una risposta perché la questione è in discussione nelle sedi sbagliate. Non sono gli enti locali a dover decidere – perché non possono – bensì il Parlamento.
La questione è esplosa quando il sindaco di Bologna, Virginio Merola, ha dato il suo ok al riconoscimento, attraverso il registro delle unioni civili, ai matrimoni tra gay contratti all’estero. Una decisione che ha fatto infuriare la Curia – com’era ampiamente prevedibile – e che è incorsa nel secco no del prefetto del capoluogo emiliano, Ennio Mario Sodano.
Molti i politici pro-gay che si sono scagliati contro il prefetto. Su tutti Nichi Vendola, presidente della Regione Puglia e leader di Sel, omosessuale dichiarato e riconosciuto, che ha chiesto la rimozione del prefetto e del ministro dell’Interno, Angelino Alfano, da cui il prefetto, appunto, dipende.
Ma la verità è che Sodano ha ragione: in assenza di una legge che regolamenti i matrimoni tra persone dello stesso sesso in Italia, la trascrizione di questi nel registro delle unioni civili non avrebbe alcun valore legale. Questo, nonostante, anche la Corte di Strasburgo, con una sentenza depositata il 24 giugno 2010, infatti, la Corte di Strasburgo, abbia ammesso l’esistenza del diritto alla vita familiare anche in favore delle coppie formate da soggetti dello stesso sesso.
Il problema, dunque, non è Bologna, bensì Roma. L’Italia è indietro anni luce nella legislazione sui diritti degli Lgbt(iq). Se il Parlamento non legifera in questa direzione, i comuni e le regioni non possono che tentare di fare balzi in avanti, per poi essere rispediti indietro dall’assenza di una legge nazionale.
Il premier Renzi, illustrando il suo “Programma dei 1000 giorni” – programma su cui hanno ironizzato ieri due dei più divertenti comici italiani, Crozza e Benigni – ha promesso che una legge sulle unioni civili ci sarà. Ma la più grande associazione per il rispetto delle persone omosessuali, Arcigay, non ci crede. “Unioni civili entro 1000 giorni? Non gli crediamo: il premier si sta prendendo gioco di noi”, ha detto Flavio Romani, presidente di Arcigay.
“I continui rinvii e le promesse da marinaio – dice Romani – sono una pratica intollerabile per un primo ministro, una modalità imbarazzante e poco seria con cui Renzi si prende gioco delle vite di milioni di cittadini e cittadine. Aveva annunciato una legge sulle unioni civili a settembre e oggi scopriamo che quel settembre durerà 1000 giorni, ammesso e non concesso che il suo governo arrivi a quella scadenza. Renzi sacrifica i diritti delle persone Lgbt sull’altare delle larghe intese e abusando della sua doppia veste di capo del governo e segretario di partito tenta di paralizzare il lavoro parlamentare, facendosi beffe contemporaneamente di noi, delle regole della nostra democrazia e delle insistenti sollecitazioni delle supreme corti”.
Sul tema delle unioni omosessuali si è impegnato anche il ministro della Giustizia, Andrea Orlando: “Bisogna che il nostro Paese si doti di una normativa che riconosca i diritti delle persone dello stesso sesso: c’è un vuoto nel nostro sistema e credo che vada rapidamente colmato. I casi di questi giorni sono uno stimolo a cercare di dare una risposta concreta”.
Il Parlamento, dunque, non potrà più esimersi. Diventa sempre più necessaria una nuova legge che tenga conto delle nuove realtà esistenti anche in Italia, che recepisca le indicazioni del mondo dell’associazionismo e che non lasci l’Italia troppo indietro rispetto a tutto il resto del mondo.