Pugno duro o trattative? Dopo la terza decapitazione di un ostaggio in meno di un mese da parte dei terroristi dello Stato islamico, il mondo occidentale si interroga sulla strategia da adottare contro i “tagliagole” dell’Isis, mentre in Italia cresce l’apprensione per la sorte di Vanessa Marzullo e Greta Ravelli, le due giovani cooperanti rapite lo scorso 31 luglio alla periferia di Aleppo, e di padre Dall’Oglio, scomparso oltre un anno fa a Raqqa. Stati Uniti e Gran Bretagna hanno sempre scelto la linea dura nei confronti dei terroristi, con tentativi di blitz spesso non andati a buon fine e un bilancio di cittadini americani e britannici uccisi dai loro aguzzini che cresce di mese in mese.
Washington e Londra comunque vanno avanti. E non risparmiano critiche a quanti tra i loro alleati hanno in passato deciso di venire a patti con i sequestratori, pagando in alcuni casi ingenti riscatti e continuando così, sostengono i detrattori della linea ‘morbida’, a finanziare i jihadisti sanguinari: secondo una recente inchiesta del New York Times il business dei sequestri sarebbe la principale fonte di finanziamento ad esempio per al Qaida, con 125 milioni di dollari versati solo nel 2008. Solo una settimana fa Barack Obama, sempre secondo il New York Times, avrebbe espresso tutta la sua frustrazione e irritazione nei confronti della Francia. “Francois Hollande dice che neanche il suo Paese paga, ma in realtà lo fa”, avrebbe confidato ai suoi il presidente americano.
Non è un mistero d’altra parte che la Francia è tra quei Paesi che pur di riportare a casa i suoi rapiti ha spesso pagato. E il nostro Paese? “La politica dell’Italia è di non abbandonare nessuno” e “prova a fare di tutto” per i suoi ostaggi, ma utilizzando “mezzi leciti e possibili”, ha detto oggi il sottosegretario agli Esteri Mario Giro. Nei giorni scorsi Panorama ha riferito la notizia di un presunto riscatto da 6 milioni di dollari pagato dal governo italiano per liberare lo scorso maggio Federico Motka, il cooperante rapito nel 2013 proprio con David Haines, l’ultima vittima britannica dell’orrore jihadista.
Secondo il settimanale il denaro sarebbe stato versato ai terroristi attraverso un’operazione segreta che probabilmente è passata dalla Turchia: i servizi italiani avrebbero chiesto aiuto agli 007 turchi per il pagamento del riscatto. Anzi, sarebbero stati gli agenti dell’intelligence turca, racconta Panorama, a consegnare materialmente i contanti in cambio dell’ostaggio italiano.
Sul caso della liberazione di Domenico Quirico, a gennaio la rivista americana Foreign Policy aveva parlato di un riscatto di tre milioni di euro pagato dall’Italia attraverso un negoziatore, identificato dal magazine con nome e cognome, membro della coalizione di oppositori siriani in esilio che affermò di aver consegnato personalmente il denaro ai rapitori in una zona al confine tra Libano e Siria. Al di là delle speculazioni, certo è che nei casi di connazionali sequestrati dai terroristi la linea dell’Italia è sempre stata mantenere il “massimo riserbo” e lavorare sottotraccia.
Così è stato fatto in passato e così si sta continuando a fare per Greta, Vanessa, padre dall’Oglio ma anche per Giovanni Lo Porto, il cooperante scomparso in Pakistan da due anni; Gianluca Salviato, l’impiegato sequestrato in Libia a marzo e Marco Vallisa, il tecnico rapito due mesi fa sempre in Libia. Il timore più grande per le due giovani cooperanti rapite in Siria è che possano finire nelle mani dei jihadisti dell’Isis. Ma, in questo senso, da ambienti dell’intelligence sono arrivate rassicurazioni. Greta e Vanessa non sarebbero nelle mani dello Stato islamico ed è probabile che chi le tiene in ostaggio sia uno dei gruppi ribelli che combattono il regime di Bashar al Assad.
Come sempre in questi casi, il pericolo è che invece di “gestire il sequestro” i rapitori possano consegnare gli ostaggi nelle mani di altri. Per questo, si apprende da ambienti dei servizi, gli 007 stanno monitorando con molta attenzione la situazione nella massima discrezione. Silenzio da mesi invece sulle sorti di padre Dall’Oglio, scomparso sempre in Siria nel luglio del 2013.
(Fonte ANSA)