Ero davanti a un panificio, tornando da scuola. Parlavo al telefono con un compagno del liceo. Mi trovavo in ufficio, discutevo su un progetto. Sfogliavo un giornale con annunci di lavoro. Cercavo un cartone animato in televisione, ma in tutti i canali l’unica immagine trasmessa era una torre in fiamme.
Tutte frasi banali, tutti momenti simili ad altri. Se non fosse che in quel momento, a New York, un aereo dell’American Airlines si schiantava sulla Torre Nord delle Twin Towers, gioiello architettonico di Manhattan. Era il 2001 e da allora tutti quanti ricordano perfettamente cosa facevano in quell’istante.
“Ricordiamo tutti dov’eravamo, come ci è arrivata la notizia, cosa abbiamo provato”: parole dette da Robert De Niro, in apertura del documentario sull’11 settembre 2001, “Quel giorno che sconvolse il mondo”. Le immagini dei fratelli francesi Jules e Gedéon Naudet raccontano come all’improvviso una qualsiasi persona di New York sia trasformata testimone oculare di quello che viene ricordato come l’attacco terroristico più feroce della storia. Poi, l’intervento dei Vigili del fuoco, quelli che saranno ricordati come gli eroi dell’11 settembre.
Il ricordo non può venire cancellato. Potrebbero sparire tutti i filmati, tutte le immagini, e potremmo smettere di parlare di ciò che avvenne 13 anni fa a New York, ma ancora quelle immagini sarebbero vivide nella nostra mente. Due aerei che attraversano due torri, poi il crollo. E l’Occidente che per un attimo trema, impotente.
La storia è continuata, con guerre, altri attentati, rivendicazioni, nuovi attacchi e nuove organizzazioni. Al Qaeda si è trasformata, ristrutturata, è diventata di nuovo forte. L’Isis fa paura agli Usa che però non vogliono tirarsi indietro. E intanto quello che resta è una memoria ancora troppo vicina a quel giorno che sconvolse tutti.
C’è solo un dubbio sulla tragicità di questi ricordi. Si può parlare di memoria storica? Se da quello che è successo si dovesse imparare e progredire, andare avanti, forse allora non è così. Non basta sapere le cose accadute, bisogna sentirle e viverle. E forse è lì che subentra quella parte del nostro inconscio che ci fa dire: “Io l’11 settembre stavo…”. Perché ogni anniversario di quella strage è un po’ come se dovessimo rivivere i momenti di terrore di New York.