La situazione del commercio in Italia, secondo Confesercenti, è sempre più in crisi. “Ancora un semestre molto negativo – si legge nel commento dell’associazione di categoria in merito ai dati Istat sulle vendite al dettaglio di giugno – da cui il commercio esce con le ossa rotte. Nei primi 6 mesi del 2014, stimiamo che il settore nel suo complesso abbia perduto circa 2,2 miliardi di euro di fatturato. E per le imprese commerciali è sempre più difficile sopravvivere: tanto che, ormai, un’attività del commercio su quattro vive meno di tre anni”.
Ma il dato che preoccupa di più la Confesercenti è la scelta di molte attività di fare conciliare la chiusura con le vacanze estive. In questo modo, quasi nel silenzio generale, scompaiono attività commerciali una dietro l’altra. Per ogni nuova attività commerciale aperta tra luglio e agosto sono due quelle che invece sono state costrette a serrare le saracinesche. Nel mese di giugno più del 40 per cento delle imprese avviate nel 2010 sono svanite nel nulla.
Nel dato territoriale Confesercenti indica come sia la Sicilia ad essere la regione più colpita con 15 chiusure l giorno. Subito dietro il lazio che registra 15 chiusure per ogni 6 aperture. Mentre tra le grandi città ha soffrire di più Roma, seguita da Napoli che perde 812 attività commerciali e Torino dove chiudono 543 negozi.
Le chiusure colpiscono in particolar modo i ristoranti, ne sono stati chiusi 2500, il commercio in sede fissa che vede scomparire 14mila attività, l’abbigliamento con meno 2200 negozi, le edicole e i negozi di sigaretta elettronica che registrano 4 chiusure contro ogni nuova apertura. “A soffrire di più, come sottolineano i dati dell’istituto di statistica, – spiega Confcommercio – sono come al solito i piccoli esercizi. La crisi ha decimato le imprese e affossato i consumi delle famiglie: le piccole attività commerciali scontano sempre più duramente la crisi del mercato interno italiano”.
“Il 2014 avrebbe dovuto segnare – spiegano da Confesercenti – la tanto attesa ‘ripresina’ dei consumi ma a questo punto è sempre meno probabile registrare una variazione positiva a fine anno: il governo deve intervenire per rilanciare il mercato interno, che dà lavoro a milioni di persone, evitando di prolungare questa pericolosa oscillazione fra stagnazione e recessione”.