La situazione in Iraq è sempre più tesa: un attentatore kamikaze si è fatto esplodere contro un posto di blocco vicino all’abitazione del primo ministro iraqeno Haider al-Abadi a Baghdad. Nell’attentato non ci sono state vittime, ma l’Isis ha ucciso centinaia di soldati in appena due giorni di combattimenti contro le truffe curde. A farne le spese i guerrieri peshmerga: dieci sono morti nella battaglia per fermare le truppe jihadiste.
L’intervento degli Stati Uniti non tarda ad arrivare: il paese che più di tutti vuole fermare l’avanzata dell’estremismo islamico, ha deciso di inviare altri 130 consiglieri militari in Iraq, a Erbil, il capoluogo del Kurdistan, in modo da valutare le necessità delle popolazioni yazide diventate l’obiettivo dello Stato Islamico dei sunniti.
Obama aveva già inviato 300 dei suoi per monitorare la situazione. Decine di migliaia di membri della minoranza degli yazidi si sono rifugiati nelle montagne di Sinjar per sfuggire alla minacciosa avanzata dei terroristi dell’Is. In 35 mila sono scappati nella provincia di Dohuk, attraversando la Siria per sfuggire alla persecuzione.
I numeri sono stati comunicati dall’Unhcr, l’Alto commissariano delle Nazioni Unite per i rifugiati. Gli occhi sono puntati sulla reazione che avranno gli Stati Uniti: in America, i cittadini approvano la decisione di Obama di ordinare raid aerei contro l’Isis ma sono contrari all’invio delle truppe.