Anche a Matteo Renzi non sono piaciute le parole di Carlo Tavecchio, candidato alla presidenza Figc: “Quell’espressione sugli stranieri che mangiavano banane è inqualificabile – ha detto in un’intervista ad “Avvenire – Parlando calcisticamente direi che è stata un clamoroso autogol”. Ma Palazzo Chigi non interverrà comunque sulla scelta del nuovo capo del calcio italiano.
Secondo il premier infatti “se il governo volesse decidere anche sulle federazioni sportive sarebbe un errore; noi rispettiamo l’autonomia delle istituzioni sportive”.
A difendere Tavecchio invece interviene il medico e scrittore togolese Kossi Komla-Ebri che ha lavorato per anni con l’ex ministro dell’integrazione Kyenge: “Cara Cécile, il mio amico Carlo è tutto meno che razzista. Accusarlo di questo è assurdo”.
”Tavecchio non deve assolutamente ritirare la sua candidatura – spiega all’Ansa Kossi Komla-Ebri – Nella vita contano gli atti compiuti e io garantisco per i suoi, non bisogna dare un peso eccessivo ad una espressione sbagliata in un discorso che andava in tutt’altro senso”. Kossi Komla-Ebri che in passato è stato anche candidato per l’Ulivo, ha inviato a Kyenge, che ieri aveva fortemente criticato Tavecchio, una mail (”anche perché nel leggere cosa dice ho pensato che commette gli stessi errori di quelli che strumentalizzavano e distorcevano ogni sua frase quando era al governo”).
“In genere mi astengo dall’ intervenire nei dibatti mediatici – scrive Kossi a Kyenge – Devo lanciare una freccia a soccorso del mio amico Carlo Tavecchio che ha avuto una frase infelice e sta subendo ora una gogna mediatica. Lo conosco da anni: era sindaco nel comune di Ponte Lambro dove vivo. Con lui abbiamo fatto un gemellaggio con il comune di Afagnan in Togo dove abbiamo dato nascita ad una cooperativa di produzione di conserve artigianale di pomodori. Per il gemellaggio ha fatto venire qui in Italia il capo del villaggio e si è recato di persona giù nel paese per vedere la realtà. Per anni ha aiutato diverse realtà giù raccogliendo fondi ed attrezzature. Non credo che lo si possa liquidare semplicemente come “razzista” per una espressione fuori luogo. L’esperienza – conclude Kossi Komla-Ebri – ci insegna quanto le nostre parole possono essere amplificate a piacere di chi persegue altri fini”.