Dopo una riunione del governo, Israele ha deciso di respingere la proposta di tregua avanzata dal segretario di Stato americano John Kerry, chiedendo delle modifiche al testo che al momento prevede 7 giorni di cessate il fuoco a partire dal 27 luglio.Ma ha accettato una sospensione del fuoco per almeno 12 ore dalle 7 di sabato mattina.
Durante questo lasso di tempo, le due parti – aiutate dalla mediazione della comunità internazionale – avrebbero dovuto negoziare. Il punto più critico, che prevedeva l’aiuto dell’Autorità nazionale palestinese, era che le forze israeliano non avrebbero lasciato la Striscia di Gaza.
“Stiamo lavorando a un cessate il fuoco umanitario di 7 giorni” per “dare entrambe la parti la possibilità di fermare la violenza”, ma “non c’è ancora un accordo” ha detto il segretario di stato Usa John Kerry in una conferenza stampa al Cairo col segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon. “Il mondo guarda la tragedia e sia israeliani che palestinesi meritano di vivere in modo normale”, ha aggiunto Kerry, bisogna “riconoscere che la violenza porta violenza”.
A Netanyahu e ai suoi comunque non basta, dunque nonostante le voci di assenso da alcune fonti vicine ad Hamas, al momento della tregua non se ne fa nulla. E il numero dei morti a Gaza, quasi tutti civili, diventa esorbitante: tra i raid e gli attacchi di terra, sono oltre 800 le persone ad aver perso la vita.
Intanto le sirene continuano a suonare anche a Tel Aviv, dove quattro razzi sono stati intercettati dal sistema di sicurezza Iron Dome. I bombardamenti israeliani invece hanno colpito circa 30 abitazioni, radendole al suolo a Gaza. Nel raid sarebbe morto anche uno dei leader dell’ala militare della Jihad islamica, Salah, Hassanein.