Il calcio, si sa, è una questione di fede. Certe volte più di altre: il cammino della nazionale italiana ai Mondiali in Brasile potrebbe subire una “spintarella” dall’alto. Gli ultimi due Mondiali vinti dall’Italia nel 1982 e nel 2006 sono indimenticabili: ma vi ricordate contro chi giocarono in semifinale? E di che nazionalità erano i Papi di allora?
Andiamo con ordine. Era l’8 luglio del 1982, la partita di semifinale contro la Polonia iniziava alle 17.15 al Camp Nou di Barcellona. L’Italia che avrebbe battuto la Germania Ovest in finale tre giorni dopo, conquistando il suo terzo titolo mondiale, era allenata da Enzo Bearzot. Al minuto 22′ Paolo Rossi segna il vantaggio, al 73′ suggella la vittoria. Intanto, in Vaticano, un Papa appassionato di calcio osservava i Mondiali: Karol Wojtyla vedeva l’Italia battere la nazionale del suo paese natio.
Ventiquattro anni dopo, a Dortmund, il 4 luglio la Nazionale italiana di Marcello Lippi sfida in semifinale la Germania. Una partita sofferta, chiusa ai supplementari con due gol indelebili: Pirlo pennella una palla per Fabio Grosso che scarica un sinistro a girare sul secondo palo, al 119′. Un minuto dopo Del Piero piazza un destro all’angolino per portare l’Italia in finale con il 2 a 0 definitivo.
L’Italia vincerà il quarto Mondiale nella magica notte di Berlino, il 9 luglio del 2006. E in Vaticano sedeva un altro Papa appassionato di calcio, Joseph Ratzinger. Tedesco con una vera e propria passione per la Germania, tanto da benedire la nazionale di Franz Beckenbauer prima dei Mondiali. Ma anche quell’anno, l’Italia è salita sul tetto del mondo.
Come per ogni Mondiale, anche quest’anno la Nazionale non è partita con il favore dei pronostici. Ma c’è qualcosa che potrebbe aiutarci. Il tabellone dell’Italia prevede un’opzione di semifinale: giocare contro l’Argentina. E in Vaticano, oggi, siede uno dei Papi più amati della storia. Francesco, il buono, il super tifoso del San Lorenzo. Ancora una volta un Pontefice appassionato di calcio, stavolta di nazionalità argentina. E se è vero il detto che non c’è due senza tre…
Non vogliamo finire la frase: in fondo essere tifosi è una questione di fede, ma anche un po’ di scaramanzia. La coincidenza storica però esiste e perché non sperare che anche stavolta finisca con la solita frase, urlata cinque volte?