Telefoni che squillavano a vuoto, voci computerizzate che invitavano ad attendere, operatori stranieri – ignari, probabilmente – pronti a rispondere alle chiamate dei clienti dei centri assistenza. Una giornata di fuoco per i call center italiani, svuotati per via dello sciopero indetto per oggi per permettere alla maggior parte dei lavoratori – si stima un’adesione del 90 per cento – di prendere parte alla manifestazione nazionale contro i fenomeni delle delocalizzazioni e delle gare al massimo ribasso che si è svolta a Roma.
Al “NoDelocalizzazioniDay” hanno partecipato migliaia di persone, lavoratori dei call center che, come ha raccontato Rosy Contorno, di Almaviva Contact Palermo, iniziano la loro giornata lavorativa con la frase: “Sono Rosy, come posso esserle utile…”. Quasi 80 mila dipendenti di call center – questa la cifra in Italia – che rischiano il posto di lavoro perché le aziende sono costrette a ridurre i costi del lavoro per via del trasferimento all’estero, soprattutto verso i paesi dell’Est europeo, della maggior parte delle commesse.
Un serpentone di persone (guarda le foto) che ha percorso tra cori e striscioni di protesta, le vie del centro della Capitale, da piazza della Repubblica a piazza Santi Apostoli, dove sono stati accolti dai rappresentanti nazionali di tutte le sigle sindacali, interlocutori principali del Governo nella vertenza che si è aperta soltanto qualche giorno fa al Ministero per lo Sviluppo economico.
“Non vogliamo le elemosina – scandiscono dal palco i lavoratori – e non vogliamo essere vittime di accordi in cui la parola chiave è ammortizzatore sociale. Vogliamo essere retribuiti per il nostro lavoro e vogliamo garanzie per il nostro futuro”.
Il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, ha incitato il Governo a “darsi una mossa”. “Non possiamo dimenticarci di tutto quel precariato che giorno per giorno combatte per arrivare a fine mese, con dedizione e costanza”. Anche Carmelo Barbagallo, segretario generale aggiunto della Uil, si è rivolto direttamente al premier Matteo Renzi: “Hai detto che vuoi cambiare verso – ha detto, citando lo slogan elettorale del presidente del Consiglio alle scorse primarie del Pd. – Bene, siamo d’accordo: dobbiamo cambiare verso alle politiche economiche e sociali che si stanno mandando avanti nel nostro Paese”.
Sul palco anche il segretario nazionale della Cgil, Susanna Camusso: “Siamo orgogliosi del vostro lavoro. Siete qui oggi per ricostruire delle condizioni di lavoro positive e delle condizioni che vi facciano sentire di nuovo cittadini di questo paese. È fondamentale che le istituzioni tornino a parlare delle condizioni reali in cui vivete, che ne prendano consapevolezza”.
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La manifestazione si è conclusa e le migliaia di lavoratori che sono arrivati a Roma con ogni mezzo – pullman, treno, aereo – sta facendo ritorno a casa. Domani saranno di nuovo a quella cornetta, indosseranno ancora quelle cuffie, sperando che la loro voce sia stata ascoltata, sia stata registrata e abbia acquistato un nuovo valore nelle contrattazioni al Mise e in altri luoghi istituzionali. Contrattazioni di cui sono protagonisti indiretti e, il più delle volte, vittime impotenti.
(Immagini del video di Paolo Gurgone, fonte Facebook)