Lo stop alla cura Stamina è legittimo. Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, in risposta al ricorso presentato dal padre di una donna malata, che soffre fin dall’infanzia di una malattia degenerativa al cervello, cui è stato negato da un tribunale italiano l’accesso al metodo.
La Corte ha ritenuto che il divieto di accesso a questa terapia, imposto dai giudici italiani, “persegue lo scopo legittimo di tutela della salute ed è stato proporzionato a tale obiettivo”.
Nivio Durisotto, padre di una donna malata fin dal 1975 – come riporta la nota pubblicata sul sito della Corte – si era rivolto a un tribunale italiano chiedendo che venisse ordinato agli Spedali Civili di Brescia, l’unica struttura autorizzata per la somministrazione in via sperimentale del metodo Stamina, di sottoporre la figlia alle infusioni. Il tribunale dopo un primo via libera ha poi respinto la richiesta.
Ma Durisotto non ha accettato la decisione e si è rivolto alla Corte europea dei diritti dell’uomo, basandosi sugli articoli 2 (diritto alla vita), 8 (diritto al rispetto della vita privata) e 14 (divieto di discriminazione) della Dichiarazione dei diritti dell’uomo.
La Corte ha però ribadito che nei casi riguardanti i divieti di accesso alle cure compassionevoli nei confronti delle persone affette da gravi malattie, gli stati Ue godono di un ampio margine di discrezionalità.
Nei giorni scorsi una nuova ordinanza firmata da un giudice del Tribunale di Ragusa impone ad Ezio Belleri, direttore della struttura sanitaria lombarda, di trovare entro 5 giorni – fra Ordini dei medici, ospedali pubblici ed enti di ricerca – camici bianchi disposti a praticare le infusioni.
Il giudice infatti ha ordinato “l’immediata ripresa del trattamento per una piccola paziente siciliana colpita da morbo di Niemann Pick”. La bimba era tra i 34 pazienti presi in carico dall’ospedale, dopo aver ottenuto una precedente ordinanza che autorizzava le infusioni