Un’altra lunga stagione di calcio è finita. Un’annata che ha visto la Juventus dominatrice indiscussa del campionato di serie A. Ma un’annata che ha offerto anche diversi spunti per il futuro prossimo del calcio italiano. Noi proviamo a dare i voti al campionato, cercando di stabilire il meglio e il peggio del campionato di serie A 2013-2014.
Voto 10: Juventus. Dominatrice del campionato con 102 punti realizzati, record italiano di ogni tempo, frutto di 31 vittorie su 38 partite disputate. La squadra di Antonio Conte è diventata sempre più solida con il passare delle settimane, mettendo in mostra anche delle individualità straordinarie. Carlos Tevez e Arturo Vidal sono stati i trascinatori di un collettivo che è arrivato a un passo dalla finale di Europa League. Con l’arrivo dell’argentino e di Llorente è stato anche risolto il problema degli anni scorsi: l’assenza di un finalizzatore d’attacco capace di portare un buon bottino di reti. La nuova coppia d’attacco ne ha portati 35 in due, ai quali si aggiungono gli 11 di Vidal. Stratosferici.
Voto 9: Rudi Garcia. Al primo anno da allenatore in serie A è riuscito nell’impresa di mettere ordine in una rosa reduce da due campionati vissuti in balia delle correnti e che avevano lasciato nient’altro che macerie. Garcia ha portato solidità e spettacolo, geometrie e fantasia. Solo una Juventus marziana ha impedito a questa Roma di portare in riva al Tevere il quarto scudetto giallorosso. Rimarrà comunque il ricordo di una stagione eccellente, con i picchi delle prime dieci giornate condite da 9 vittorie e un pareggio con un solo gol subito. Una solidità difensiva ritrovata dopo le annate ricche di gol subiti con Enrique e Zeman allenatori. Garcia ha consegnato al pubblico giallorosso nuovi idoli come Benatia, Gervinho (da lui espressamente richiesto) e Strootman. L’allenatore francese ha avuto anche il grande merito di recuperare alla causa Mattia Destro che adesso ha molte chance di andare in Brasile. Garcia è la base su cui costruire la Roma del futuro.
Voto 8: Cerci e Immobile. Insieme hanno fatto rivivere l’epopea dei gemelli del gol, Pulici e Graziani. Improvvisamente la Torino granata si è ritrovata di nuovo protagonista e in lotta per un posto nell’Europa che conta. Il miracolo è sfumato all’ultimo minuto dell’ultima giornata con quel rigore sbagliato a Firenze proprio da Cerci. Ma i rigori li sbaglia solo chi ha il coraggio di tirarli. E un errore come quello non potrà mai macchiare una stagione straordinaria che ha portato Immobile sul trono dei bomber. Tocca a Prandelli, adesso, riuscire a valorizzare questo patrimonio del calcio italiano. Dopo il Mondiale ci sarà anche tempo per pensare al futuro in granata. Sarebbe un peccato, infatti, disperdere quanto di buono realizzato quest’anno.
Voto 7: Luca Toni. A 36 anni e con un grande futuro dietro le spalle, in tanti lo davano ormai per finito. Il Verona ha voluto puntare sulla sua fame e sulla sua voglia di riscatto, anche in ottica Mondiale. E ha vinto la scommessa. Toni è tornato di colpo il bomber capace di fare impazzire i tedeschi ai tempi del Bayern Monaco. Forte di una integrità fisica invidiabile, si è caricato sulle spalle il peso dell’attacco gialloblu, firmando 20 gol pesantissimi. D’altronde chi nasce cannoniere non perde il vizio da un giorno all’altro. Il suo apporto è stato fondamentale anche per la sua capacità di fare reparto da solo. Un vero e proprio uomo squadra, un leader dentro e fuori dal campo, che in buone condizioni fisiche potrà ancora dare tanto all’Hellas.
Voto 6: Napoli. Ci si aspettava un po’ di più da una squadra arrivata seconda la scorsa stagione e rinforzata da una campagna acquisti sontuosa. Gli arrivi in panca di Benitez e in campo di Reina, Albiol, Higuain, Callejon e Mertens avrebbero fatto sperare in qualcosa di più. L’annata non si può considerare di certo negativa. La squadra ha portato a casa la Coppa Italia e in Champions League è uscita solo a causa della classifica avulsa e nonostante 4 vittorie in 6 partite. Ma in campionato è rimasta subito attardata e non ha mai detto la sua in chiave scudetto. In Europa league, inoltre, si è assistito a una eliminazione per mano del Viktoria Plzen francamente imbarazzante. Si poteva fare sicuramente di meglio e con pochi correttivi la squadra potrà ambire a nuovi importanti traguardi.
Voto 5: Alessandro Matri. Spaesato. Non ci sarebbe altro aggettivo per descrivere l’involuzione che ha fatto registrare l’attaccante ex Juventus giunto alla boa dei trent’anni. Ovvero a quell’età in cui ci si attende la definitiva maturazione. Matri ha vissuto una stagione da montagne russe. Tanti picchi verso il basso nella prima parte in maglia Milan. Tornato alla base dopo dieci anni (esordì in rossonero all’ultima giornata della stagione 2002/2003) non ha saputo ritagliarsi lo spazio sperato. Vittima della pressione che una maglia come quella rossonera porta con sé ha portato, si è perso tra le brume delle difese avversarie, mettendo a segno una sola rete e sbagliandone di innumerevoli. Battezzato novello Calloni, è stato ceduto a gennaio alla Fiorentina. In viola ha messo a segno due reti nelle prime due apparizioni. Sembrava potersi ritrovare ma si è nuovamente immalinconito finendo precocemente in panchina. Totale a fine stagione 15 presenze in rossonero e 15 in viola. Un gol al Milan e quattro alla Fiorentina. Stagione da dimenticare.
Voto 4: Milan. Una stagione così non si ricordava da 16 anni in casa rossonera. L’ultima volta in cui i rossoneri non riuscirono a centrare la qualificazione a una coppa europea era il 1997/98, anno del Capello-bis. Al Milan quest’anno l’ha fatta da padrone la confusione. A livello dirigenziale, con il continuo balletto Galliani sì-Galliani no; a livello tecnico con i continui cambi di modulo e con un mercato condotto senza un vero filo conduttore; ma soprattutto in panchina. Allegri ha pagato una prima parte di stagione disastrosa, con la squadra sempre a ridosso della zona retrocessione, culminata con la sconfitta di Sassuolo per 4-3. Seedorf, richiamato dal Brasile come salvatore della patria, è stato presto sfiduciato e lasciato solo al comando. Nonostante ciò è riuscito a fare le nozze coi fichi secchi, realizzando 35 punti nel solo girone di ritorno e portando la squadra a un punto dalla qualificazione europea. Probabilmente non basterà per la riconferma. Ma in casa Milan sarebbe stato l’uomo da cui ripartire. L’impressione è che i tifosi debbano prepararsi a un futuro nebuloso.
Voto 3: Catania. Dopo una stagione da ottavo posto nessuno si sarebbe atteso un crollo così verticale. Priva di un paio di tasselli fondamentali come Marchese, Lodi e Gomez, non ha ottenuto il rendimento sperato dai sostituti designati Leto, Tachtsidis e Monzon. Ritrovatasi inaspettatamente in trincea e in piena lotta salvezza, ha gettato al vento alcune occasioni d’oro che le avrebbero permesso di salvarsi senza patemi. Una su tutte la sfida in casa del Sassuolo, con un vantaggio di un gol sciupato nella ripresa. Sarebbe bastato vincere in questa occasione per salvarsi proprio a scapito dei neroverdi.
Voto 2: Bologna. Una retrocessione da addebitare alla società. Tanti gli errori commessi, a cominciare dalla cessione di Diamanti a febbraio, lasciato andare a cuor leggero, convinti di poterne fare a meno senza rischiare nulla. Andato via lui si è spenta la luce in casa Bologna. Una squadra con enormi difficoltà a segnare ha avuto ancora più problemi nel trovare la via della rete. Christodoulopoulos e Kone non hanno saputo sostituire degnamente l’ex capitano rossoblu. In avanti Bianchi, Acquafresca, Cristaldo e Moscardelli hanno segnato solo 8 reti in 4. Una media spaventosamente bassa. La retrocessione è diventata così inevitabile e, possiamo dirlo, assolutamente meritata.
Voto 1: La dirigenza della Juventus. L’unico neo della festa scudetto è rappresentato dall’ennesima trasgressione alle regole di una società che ha perso quello stile che la contraddistingueva. Continuare a festeggiare esponendo scudetti con il numero 32 senza alcun rispetto per l’albo d’oro federale è qualcosa che accade solo in Italia. Sorprende anche che la Federcalcio non richiami la società bianconera in maniera ufficiale. Continuare a battere su questo tasto non fa che continuare a rinfocolare sentimenti di rivalsa da parte dei tifosi juventini. Che potrebbero sfociare anche in problemi ben più gravi. Dovrebbero essere i dirigenti per primi a dare il buon esempio.
Voto 0: Alberto Malesani. Incredibile l’involuzione che ha vissuto il tecnico capace di vincere in Europa con il Parma di fine anni ’90. Cinque gare giocate da subentrato al Sassuolo e nemmeno un punto in campionato. Una situazione simile l’aveva già vissuta l’anno prima al Palermo: tre partite e tre pareggi in rosanero. In entrambi i casi il tecnico venne esonerato dopo un mese circa. Al Sassuolo non è riuscito a dare un’identità, un minimo di gioco, nulla. Anche quest’anno non è riuscito a invertire un trend di esoneri che va avanti dal 2011.
Voto N.C.: I gruppi ultras. Inclassificabili. Padroni incontrastati delle curve italiane, hanno disseminato di esempi negativi tutta la stagione. Curve chiuse, con o senza la condizionale, stadi senza pubblico, cori beceri, discriminazioni. Il calcio non sembra imparare dai propri errori. Il tutto con il culmine della vergognosa notte dell’Olimpico. Una finale di Coppa Italia dove a farla da padrone è Genny ‘a carogna, dove un tifoso viene colpito lungo il tragitto verso lo stadio e adesso rischia la vita in un letto di ospedale. Ogni anno ci troviamo a commentare episodi del genere ma una soluzione definitiva per far sì che non si verifichino più sembra un miraggio.