Ad Agosto di quest’anno saranno cento anni dallo scoppio della prima guerra mondiale e l’Europa si ritrova con situazioni difficili dal punto di vista diplomatico, soprattutto alle proprie frontiere. Crisi a Oriente, sia nel Mediterraneo sia in Ucraina, il cui stesso nome vuol dire “terra di frontiera”.
Il nuovo libro di un grande autore edito dalla Sellerio, parla dei giorni precedenti allo scoppio di quella guerra che segnò i drammi e le tragedie del XX secolo. Non è la prima volta che l’autore veneziano si confronta con quel conflitto spesso oggi dimenticato: il suo primo successo “Non tutti i bastardi sono di Vienna” (Sellerio, 2010), è ambientato durante la grande guerra europea del 1914-1918. Con quel romanzo, Molesini vinse nel 2011, tra gli altri, il Premio Campiello e il Premio Comisso. “Non tutti i bastardi sono di Vienna” è stato tradotto in inglese, francese, tedesco, spagnolo e molte altre lingue.
Così, la stessa casa editrice presenta il nuovo romanzo di Molesini, Presagio: “Sono i giorni cruciali che precedono lo scoppio della Prima guerra mondiale. A Venezia, all’hotel Excelsior, si danza un ultimo ballo. E la laguna non perde la sua magia neanche sotto l’incombere della tragedia”.
E ancora: “Siamo alla fine di luglio, nel 1914, a Venezia. Il 28 giugno a Sarajevo Francesco Ferdinando è stato assassinato, l’Austria ha consegnato l’ultimatum alla Serbia. Sono i giorni dei «sonnambuli», di imperi e nazioni, governanti e diplomatici, che consegnano inconsapevoli l’Europa al suo suicidio. Il commendatore Niccolò Spada vigila sui suoi ospiti all’Excelsior: il presagio che aleggia sull’Europa soffia anche sul Lido. L’Albergo leggendario è affollato: l’aristocrazia di tutta Europa scintilla come non mai, ma celebra le ultime ore della Belle époque…”.
È una presentazione che non può non farci pensare ad analogie, sia pure lontane, sia pure riguardanti un’inquietudine generale in un contesto profondamente diverso. con la situazione diplomatica di oggi. Abbiano dunque raggiunto l’autore per conversare liberamente su temi scottanti.
Dopo “Non tutti i bastardi sono di Vienna”, un altro romanzo ambientato nella prima guerra mondiale, anzi, all’alba della prima guerra mondiale nel centenario di questo tragico evento. Quanto c’è, in “Presagio”, forse a partire dal titolo, di attuale, di simile, se e in quanto, alla situazione odierna dell’Europa (e forse del mondo). Se sì, perché? Puoi darci alcuni esempi? Se la risposta è no, perché e quali sono le differenze?
“Presagio” non è un libro di guerra. Ritrae una situazione d’attesa. E l’attesa, in ogni tempo e luogo, è la pasta di cui siamo fatti. Perché siamo mortali, perché siamo ciechi e sordi di fronte al destino, allora come oggi. La vicenda si apre il 24 luglio e termina il 5 agosto del 1914. Venezia, con l’Italia, conoscerà la guerra solo a partire dal 24 maggio dell’anno successivo. Ma già dal 28 luglio del ’14, quando l’Austria dichiara guerra alla Serbia, gli alberghi cominciano a vuotarsi, e lo spettro della disoccupazione, della catastrofe economica, bussa alla porta. Le similitudini con l’oggi? Sono poco propenso a vederle. Si trovano solo se si vuole trovarle. Il mondo è cambiato troppo, certo quella come questa sono epoche di trasformazione travolgente: oggi c’è la rivoluzione tecnologica che va a braccetto con il rinnovarsi della chimica e della fisica che stanno dischiudendo alcuni dei molti misteri del DNA; allora Einstein aveva gettato le basi per una nuova concezione del rapporto spazio/tempo, e uomini come Freud, Mahler, Mann, Klimt fanno parte di quella costellazione di geni che, in tutti i campi dello scibile, era all’opera: il primo volume della Recherche esce nel 1913. La situazione politica era poi molto diversa da quella di oggi. C’erano gli imperi, l’inglese, il francese, il russo, il tedesco, l’ottomano, e c’erano nazioni giovani, come l’Italia e la Serbia. C’era troppa forza… e il mito della mascolinità, e perfino quello del suicidio come scelta liberatoria erano in voga. Oggi i fiacchi leader dell’Occidente sono confusi quanto i loro popoli, non esistono strategie contrapposte, e la politica è tenuta in scacco da centri di potere la cui identità è difficilmente verificabile.
Allora Il tuo nuovo romanzo dal titolo eloquente, Presagio, è o non è un “avvertimento”, per quanto le cassandre non siano mai ascoltate?
Quando ci si immerge nello studio della Storia essere pessimisti è quasi d’obbligo, ma io credo che bisogna essere ottimisti perché conviene. I pessimisti hanno spesso ragione, ma non combinano un granché nella vita. Senza ottimismo non si investe, né emotivamente né materialmente.
Quale direzione prende il romanzo in questo senso? Forse la prima guerra mondiale era evitabile? Forse è evitabile una situazione di conflitto esteso in Europa a causa della crisi Ucraina (e di altre crisi) oggi?
Ogni paragone con l’Ucraina di oggi mi sembra forzato. La situazione storica è troppo diversa da quella della Serbia di cento anni fa. Il romanzo è una storia di passione, c’è una donna giovane e avvenente, Margarete von Hayek, “bella come sa essere solo una donna dal piglio pari alla grazia”, e c’è il commendatore Niccolò Spada, che dirige con prudente scaltrezza il suo grande albergo, l’Excelsior, sul Lido di Venezia. Un albergo che allora invadeva le pagine dei rotocalchi, crocevia dell’aristocrazia europea. Ma c’è un altro crocevia al centro della vicenda, il manicomio maschile dell’isola di San Servolo. In questo luogo di tenebra si nasconde il segreto inconfessabile di Margarete, un segreto che è il cuore pulsante del romanzo.
Quale visione ha il romanzo del momento storico in quanto a situazione sociale dell’epoca e come possiamo paragonarla ad oggi?
La visione è realistica. Mi piace la realtà, con la sua durezza inespugnabile. La situazione sociale dell’epoca, con le sue contraddizioni culturali, vive tra le righe del racconto. Credo però che sia imparagonabile alla situazione di oggi, perché ora è il censo e quasi solo il censo a determinare la posizione sociale di un uomo, allora le distanze erano culturali in senso lato: quelli che firmavano con due segni in croce, in una nazione arretrata come l’Italia, erano ancora la maggioranza della popolazione.
Quale “Europa” disegna il romanzo?
L’Europa magnifica della Belle époque, che fu il canto del cigno della cultura del secolo dei Lumi, quando il condottiero degli Asburgo, Eugenio di Savoia, si firmava “Eugenio von Savoie”: tre lingue, una firma, l’Europa! I tre capitoli in cui si divide il romanzo s’intitolano Il fazzoletto scarlatto, La rue perdue, Wahrheit che in tedesco significa verità. Per certi aspetti Presagio è un noir, il lettore s’incammina sulla strada del mistero che pulsa nel passato di Margarete… un mistero che assomiglia a quello che abita nel sentire collettivo di allora e forse anche di oggi. Perché abbiamo tutti – chi più chi meno, certo – la sensazione di ballare sul ponte del Titanic.