Le intercettazioni tra Claudio Scajola e Chiara Rizzo, la moglie di Amedeo Matacena, imprenditore reggino condannato in via defintiva per concorso esterno in associazione mafiosa, sembrano compromettere ancora di più la posizione dell’ex ministro dell’Interno, arrestato all’alba di giovedì dagli uomini della Dia in un albergo romano.
Tra il 2013 e i primi mesi del 2014 sono diverse le comunicazioni intercorse tra i due finite sotto la lente degli inquirenti. Secondo gli investigatori della Dia Scajola avrebbe tentato di favorire la latitanza di Matacena, condannato a 5 anni di reclusione, cercando di farlo spostare da Dubai, dove rischiava di essere espulso da un momento all’altro, a Beirut.
“Lo spostiamo in un posto più sicuro, e molto migliore anche”, si legge nella trascrizione di una telefonata del 12 dicembre 2013. Scajola tranquillizza così Chiara Rizzo che espone comunque qualche dubbio: “Ma tu sei in grado, se questa persona dice che lo può spostare?”. Risposta dell’ex ministro: “Io ho lavorato, Ciccia, capisci? Ho lavorato grosso e adesso sto decidendo di andare a Roma”.
Emergerebbe quindi un complesso sistema di rapporti internazionali che sfrutterebbe anche il ruolo di Vincenzo Speziali, nipote dell’omonimo ex parlamentare di Forza Italia, uomo con rapporti molto stretti con personaggi importanti in Libano come Amin Gemayel, ex presidente del governo locale negli anni ’80 e leader delle “Falangi”. Rapporti che egli stesso smentisce con forza.
Secondo quanto appurato dagli investigatori con l’arrivo del 2014 e la possibilità sempre più forte di una possibile estradizione di Matacena da Dubai, l’impegno di Scajola sarebbe aumentato. In un’altra intercettazione si può sentire Scajola dire: “Ho riferito a quella persona che più i tempi sono celeri, meglio sarebbe per il semplice motivo che il 20 febbraio là ci sarà una decisione. Allora se la decisione poi non fosse positiva…”.