Il Pd siciliano va in frantumi. Dopo Crocetta a livello regionale, Orlando spacca il partito a Palermo. Il sindaco ed una ventina dei suoi aderenti al Mov 139 sarebbero in procinto di transitare proprio nel Partito democratico. Una sorta di casa naturale per Orlando già da anni ma nella quale si era sempre rifiutato di accasarsi scegliendo la via della “libertà” e spesso della critica se non dello scontro.
Ora i tempi sembrano maturi ma il suo ingresso nel partito potrebbe togliere il coperchio a ben altri mal di pancia. il primo a dirlo senza mezzi termini è Fabrizio Ferrandelli: “Lo dico una volta per tutte: se Leoluca Orlando prende la tessera del Pd, io per coerenza la strappo. Il partito decida, o io o lui”.
Sono lontani i tempi della sia pur fredda stretta di mano fra i due (nella foto). La sua posizione Ferrandelli la ufficializza con un tweet con il quale il deputato regionale del Pd, entra “a gamba tesa” nel dibattito di queste ore. Il renziano Ferrandelli, che in questi mesi non ha risparmiato critiche all’amministrazione comunale di Palermo, chiede al suo partito di esprimersi “senza se e senza ma” e gli chiede di essere coerente visto il giudizio negativo dei Democratici sull’esperienza amministrativa del sindaco e della sua giunta. Conclude con una sorta di “ultimatum”, sottolineando che, nel caso in cui si aprissero le porte del Pd a Orlando, a lui non resterebbe, per restare coerente, che lasciare il partito.
Ma quella di Ferrandelli non sembra essere una posizione isolata. Anche il segretario cittadino Carmelo Miceli sembra nutrire qualche dubbio così come praticamente tutte le correnti interne del partito. orlando non lo amano i renziani, lo temono i cuperliani che ricordano lo scontro violento con Cracolici negli anni della precedente sindacatura e della candidatura alla presidenza della Regione siciliana contro Totò Cuffaro. Orlando, poi, è notoriamente un personaggio ingombrante se non scomodo. non certo un uomo che il partito possa controllare.
Orlando a Palermo come Crocetta a livello regionale, dunque, anche se fra i due non corre buon sangue. Forse proprio perché due galli in pollaio sono sempre stati troppi