Una busta con un oggetto di metallo ancora non identificato e una lettera di minacce sono state intercettate dagli addetti al metal detector del centro meccanografico delle Poste di Palermo. Il mittente indicato nella busta era “I cittadini onesti di Palermo”, destinatario il presidente del Senato Pietro Grasso, ex procuratore del capoluogo siciliano.
La busta che ha fatto scattare l’allarme alle Poste di Palermo, i cui addetti hanno immediatamente chiamato gli agenti della Squadra mobile, era diretta all’indirizzo palermitano dell’ex magistrato, in viale Strasburgo. La busta è stata aperta dagli artificieri della polizia su disposizione della magistratura e l’oggetto, che in un primo momento era sembrato un proiettile, è risultato essere una capsula in vetro con della polvere sospetta e un liquido giallo etichettata con il nome “Orange”.
Il plico sequestrato conteneva anche un lungo manoscritto di quattro pagine con insulti e minacce in cui l’ex procuratore nazionale antimafia viene sostanzialmente accusato di avere “tradito” la lotta a Cosa Nostra.
“Mi hanno riferito che nella lettera intercettata dai Carabinieri ci sono minacce a mia moglie e alla mia famiglia, addirittura si parla di acido lanciato in faccia e di cecchini appostati vicino alla mia casa in grado di colpire una moneta da un centesimo di euro”, ha riferito Pietro Grasso.
“I fatti sono oggettivamente in successione cronologica, ma il rapporto causa-effetto è difficile da stabilire”, ha aggiunto, rispondendo ai giornalisti che gli chiedevano se la lettera di minacce da lui ricevuta possa essere conseguente alla sua proposta di dar vita ad una commissione di inchiesta parlamentare sulle stragi proprio dopo che molti atti sono stati desecretati.
La minaccia all’ex procuratore di Palermo arriva a pochi mesi dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Gioacchino La Barbera che in aula, nel processo sulla trattativa Stato-mafia, ha rivelato che vent’anni fa era pronto il tritolo anche per Grasso.