Matteo Renzi, in un’intervista a Repubblica, parla del futuro del suo governo e delle misure messe in atto. “La rivoluzione – spiega il premier – è appena iniziata, gli 80 euro e l’Irap sono solo l’antipasto”. Per il primo ministro adesso è necessario “Mantenere credibilità sui mercati. Sarà possibile se resta alta l’attenzione su tutte le riforme. Se ci riusciamo, allora presto potremo allargare il taglio delle tasse agli incapienti, alle partita Iva e ai pensionati”.
”Ottanta euro dati a un single hanno un impatto diverso – riconosce il primo ministro – rispetto a un padre di famiglia monoreddito con 4 figli. Dobbiamo porci questo problema. L’Italia non si può permettere il lusso di trattare male chi fa figli”. Ma non è solo l’economia che interessa il premier, infatti in merito ai temi sulla giustizia spiega: “A giugno, dopo le elezioni, ascolteremo tutti e faremo la riforma. Iniziamo con il processo civile telematico – e sul processo penale spiega – senza interventi ad personam che hanno segnato la sconfitta della politica in questi anni. C’è anche la giustizia amministrativa. Il sistema dei Tar non funziona come dovrebbe”. Ma Matteo Renzi trova anche il tempo per fare un annuncio importante su alcune ferite ancora aperte nella memoria degli italiani: “Desecreteremo i documenti sulle stragi”. ‘
“Entro un anno – daremo una ‘identità digitale’ a tutti – spiega il premier – Daremo un pin a ogni italiano, che userà quel codice per entrare in tutti gli uffici della pubblica amministrazione restando a casa. Con quel pin potranno pagare le multe o le tasse, prenotare una vista all’Asl o disbrigare le pratiche della giustizia .Voglio ridare fiducia al Paese, voglio che a Bruxelles e nelle altre capitali dell’Unione si dica: l’Italia è tornata in Europa”,.Si
Su tempi necessari allo svoglimento del suo programma afferma: ”questa legislatura durerà fino al 2018. Anche Berluconi lo sa”. E sulle proteste delle banche sottolinea: ”Pagano le stesse tasse di tutti gli altri italiani, il 26% – mentre tornando sui magistrati e la polemica dei giorni scorsi spiega – con quale logica intervengono sulla formazione delle leggi? Non è indispensabile che un giudice guadagni più di 240mila euro all’anno”.