Salgono a 36 le vittime accertate e a 266 i dispersi tra i passeggeri del traghetto affondato in Sud Corea. La guardia costiera ha anche diffuso i numeri corretti delle persone a bordo e dei sopravvissuti: 476 i primi e 174 i secondi, leggermente diversi rispetto a quelli diffusi in precedente.
La rotta in cui è avvenuto l’incidente, dal porto di Incheon, vicino a Seul, all’isola di Jindo è considerata pericolosa a causa delle forti correnti. Dalle indagini è emerso che il comandante, Lee Joon-seok, non era al timone del traghetto Sewol al momento della tragedia e che al suo posto c’era invece il terzo pilota, una ragazza di 26 anni, assunta sei mesi prima, che non aveva mai portato prima una nave su quella rotta.
Lee Joon-seok, arrestato in piena notte con il terzo ufficiale e timoniere, deve rispondere al momento di 5 accuse, tra cui negligenza e violazione della legge marittima. Lee Jun-seok si difende dalle accuse di aver ritardato le operazioni di evacuazione: “Ho ordinato l’evacuazione – ha detto il capitano del traghetto-. Le correnti sono molto forti nella zona e l’acqua è fredda. Dissi di restare calmi, con le imbarcazioni di salvataggio che tardavano ad arrivare”.
Secondo Lee, “non sarebbe stato diverso se i passeggeri avessero indossato i giubbotti di salvataggio perché sarebbero stati spazzati via molto lontano”. Il capitano ha ammesso “in parte le proprie responsabilità, ma comunque – ha aggiunto – mi dispiace aver causato tutti questi problemi e mi scuso con i coreani e le famiglie coinvolte”.
Lee è finito nella bufera per aver lasciato la nave tra i primi. Il capitano ha spiegato di essere tornato in cabina e che il terzo ufficiale, al timone al momento dell’incidente, ha operato la brusca virata – che potrebbe secondo gli investigatori essere all’origine del naufragio – senza però aver prima rallentato.
Il capitano ha detto inoltre che non sapeva cosa stesse succedendo e racconto di aver sentito un boato che suggeriva lo scontro con il fondale roccioso. Quanto alla ‘fuga’, si è giustificato di essere stato preso dal panico dopo aver visto le imbarcazioni dei soccorsi vicini alla scafo, non rendendosi conto di essere tra i primi a essere tratto in salvo.
Tra i sopravvissuti c’è una bimba di sei anni, Kwon Ji – Yeon, ancora ricoverata in ospedale. I suoi genitori e suo fratello sono nella lista dei dispersi. Il suo volto sotto choc, mentre viene soccorsa, è diventato il simbolo di questa tragedia.
Intanto la polizia sudcoreana ha messo in guardia dai messaggi di richiesta d’aiuto (e non solo) inviati da ipotetici telefonini cellulari dal traghetto e minaccia sanzioni anche penali. Il Cyber Terror Response Center della polizia ha passato al setaccio i telefonini in possesso delle quasi 300 persone ancora disperse e concluso – riferiscono i media locali – che nessuno di loro era stato usato da mezzogiorno del giorno del naufragio.