“Nonostante i segnali di ripresa anche nel 2014, il gap tra crescita osservata e crescita potenziale resterà molto negativo” e “la ripresa economica è ancora fragile”. Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan si è presentato questa mattina al Senato e alla Camera dei deputati per la discussione sul Documento di Economia e Finanza (Def) e ha illustrato ai parlamentari le ragioni per cui il governo di Matteo Renzi ha chiesto all’Unione europea di spostare l’obiettivo del pareggio di bilancio.
“Il pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione verrà effettuato dal governo in base alla legislazione riferita a eventi eccezionali – ha detto Padoan – che prevede una specifica autorizzazione del parlamento votata a maggioranza assoluta”, per via della sua capacita’ di contrastare effetti avversi a eventi emersi sullo scenario economico. Inoltre Padoan ha richiamato la normativa europea che prevede la possibilita’ di una maggiore flessibilita’ nella convergenza di medio periodo “in presenza di importanti riforme strutturali” e a condizione “che sia mantenuto un margine di sicurezza nel rapporto deficit-Pil”.
Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, inoltre, a garanzia del rinvio degli obiettivi di stabilità ha annunciato in Aula al Senato il varo di un “ambizioso piano di dismissioni di beni dello Stato per circa 0,7 punti percentuali di Pil nel triennio 2014-2017”.
Al Senato, comunque, sui voti del Def e dello slittamento del pareggio di bilancio al 2016 non dovrebbero esserci problemi di tenuta della maggioranza, anche se per il primo provvedimento si richiede la maggioranza semplice, mentre per il secondo quella assoluta. Facendo rapidamente i conti, il gruppo di Forza Italia che è all’opposizione può contare su 60 senatori, mentre Gal (Grandi Autonomie e Libertà) di componenti ne ha 11. E i leghisti sono 15. A questi vanno aggiunti i 5 Stelle che sono 40, gli ex grillini che sono 14 e 7 di Sel. Questi ultimi votano contro il Def, ma a favore dello slittamento del pareggio di bilancio che richiede la maggioranza assoluta.
Gli esponenti di Palazzo Madama che dovrebbero dire “no” al Def sarebbero, insomma, circa 147. Mentre la maggioranza può contare allo stato su 171 voti (più i 7 di Sel per il rinvio del pareggio di bilancio): 108 del Pd; 32 del Ncd; 12 del gruppo Per le Autonomie; 11 di Per l’Italia; 8 di Scelta civica. I senatori a vita Renzo Piano, Carlo Rubbia e Carlo Azeglio Ciampi non dovrebbero partecipare alle votazioni.