I difensori di Marcello Dell’Utri, Massimo Krogh e Giuseppe Di Peri, hanno impugnato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dalla corte d’appello di Palermo nei confronti dell’ex senatore.
Il tribunale del riesame entro 10 giorni deve fissare l’udienza per la trattazione del procedimento e decidere sulla richiesta.
Nell’impugnazione della misura cautelare i legali di Dell’Utri negano che il loro assistito sia fuggito in Libano per sottrarsi alla sentenza della Cassazione che avrebbe potuto confermare la sua condanna per concorso esterno in associazione mafiosa.
Chi pianifica una fuga, sostengono in sintesi i legali, non usa il proprio cellulare e la carta di credito e non si registra col proprio nome in albergo nello Stato scelto per darsi alla macchia. I difensori, anche sfruttando il biglietto di andata e ritorno Parigi-Beirut (partenza il 24 marzo scorso e rientro il 29) trovato a Dell’Utri, sostengono che il loro cliente abbia più volte e anche in passato lasciato l’Italia per il Libano per motivi di salute e d’affari. Il fatto che l’ex senatore fosse all’estero, dunque, non dimostrerebbe nulla anche perché, inoltre, al momento della partenza era libero e in possesso di passaporto valido.
Nell’impugnazione si accenna anche all’intercettazione delle conversazioni del fratello di Dell’Utri, del novembre scorso, in cui si parlava esplicitamente di suoi progetti di trasferimento all’estero e in particolare in Libano: il dialogo viene addotto dalla corte come prova delle intenzioni dell’imputato. Secondo i difensori, che citano la decisione del tribunale del riesame sul rigetto del divieto di espatrio, inizialmente chiesto dalla procura generale, l’intercettazione sarebbe inutilizzabile.