Palermo non esce dal vortice recessivo nel quale è entrata già dal 2009. Salgono a 46 mila i posti di lavoro persi negli ultimi 4 anni con un decremento del prodotto interno lordo della città che si dimostra sempre più preoccupante. Questo quanto emerge dai dati dell’Osservatorio economico della provincia di Palermo redatto dall’Istituto Tagliacarne e dalla Camera di commercio.
Lo scorso anno è stato ancora di contrazione della ricchezza prodotta: il valore aggiunto provinciale si è ridotto del 2,1% (il dato nazionale è -1,6%). E nel precedente quinquennio la perdita di ricchezza netta si è attestata sui 13 punti percentuali. Fra il 2009 e il 2013 Palermo ha perso più di 46.000 occupati, con un calo pari a -6,8% risultando la grande città che nell’isola soffre di più la crisi. Peggio di così in Sicilia ha fatto solo la provincia di Caltanissetta.
Anche nelle previsioni per il 2014, tranne gli investimenti, tutti gli indicatori mettono in luce andamenti negativi (-3,3% per la produzione, -2,9% per il fatturato, -2,1% per il portafoglio ordini e -1,6% per l’occupazione). Chiaro sintomo del deterioramento del benessere è la riduzione dei consumi: il 25,8% delle famiglie palermitane, il doppio della media italiana, si trova in povertà relativa (+1,7%).
Per agganciare la crescita bisogna insistere sulle novità e sulla tecnologia. Si afferma, infatti, un “nuovo terziario”, più tecnologico e creativo e che vale per effetto del maggiore valore aggiunto. Le imprese, tuttavia, hanno a che fare con l’andamento insoddisfacente della ricchezza e della domanda finale, la stazionarietà del credito erogato, la minore liquidità e la conseguente crescita delle sofferenze.
Nel 2013, la dinamica delle imprese attive ha esibito una contrazione pari all’1,8%, in primo luogo legata alla severa flessione delle imprese agricole, ma anche ad un calo relativamente accentuato delle attività manifatturiere perdurando il processo di deindustrializzazione che colpisce il territorio già da numerosi anni. Si assiste ad una ripresa, pur timida, degli investimenti (+1%), ma produzione, fatturato e portafoglio ordini versano ancora in una situazione di difficolta’ (rispettivamente -7,6%, -7,5% e -7,1%), che si ripercuote chiaramente sull’occupazione (-3,8%). La quota di imprese che nel 2013 ha realizzato investimenti è stata pari al 14,8%, con dinamiche in crescita soprattutto nei comparti del commercio (+3,3%), del terziario avanzato (+2,1%) e delle costruzioni (+1,5%). La restante quota di imprese, ovvero l’85,2% che ha deciso di non effettuare investimenti a causa delle difficoltà finanziarie o di liquidità in cui versa (59,6%).
Segnali preoccupanti anche da disoccupazione e cassa integrazione. I disoccupati provinciali, nell’ultimo anno, crescono solo dell’1% (la crescita fra 2009 e 2013 è di circa 3.300 unita’) ciò va attribuito all’ampia crescita del bacino di inattivi, di persone oramai non più in cerca di una nuova occupazione (forze di lavoro: -5,2 punti percentuali nell’ultimo anno). Peraltro, mentre a livello nazionale l’andamento della Cig ordinaria mostra segnali di rallentamento nel corso del 2013, a Palermo tale ammortizzatore evidenzia una crescita quasi doppia rispetto al 2012, generando un nuovo bacino di disoccupati potenziali per il futuro. Palermo è la terza provincia italiana per potenziale non sfruttato di giovani lavoratori fra 15 e 34 anni (36,9%), considerando sia i disoccupati ufficiali sia gli inattivi disponibili a lavorare.
Il 63,6% dei non occupati residenti a Palermo è laureato. In tale scenario, i giovani palermitani, pur di lavorare, sono molto flessibili. Un indicatore di adattabilità basato sulla disponibilità ad accettare forme contrattuali meno favorevoli e tutelanti, e forme di mobilità territoriale, collocaPalermo fra le prime 33 province italiane, e in terza posizione in Sicilia.
Già dalla spesa per consumi è possibile evidenziare un calo del tenore di vita: la spesa pro capite delle famiglie si attesta, per difetto, sui 13.000 euro annui (l’80,3% della media nazionale), in flessione a prezzi correnti dell’1% tra il 2010 ed il 2012, a fronte di una crescita nazionale del +0,8%. “Il modello di consumo provinciale – si legge nel rapporto – non è più quello dell’area metropolitana della Sicilia, ma di un territorio assimilabile a province minori, con una riduzione intensa, indicativa di un calo reale del tenore di vita, di categorie di beni non primari”.
Ad alimentare “il preoccupante fenomeno di deriva della povertà, che interessa soprattutto il ceto medio”, il debito crescente delle famiglie, a sua volta indotto dalla recessione, per cui spesso il credito viene usato come succedaneo ad un reddito familiare decrescente. Con il 139% di debito familiare (fatto pari a 100 il valore medio nazionale) Palermo è, infatti, la seconda provincia italiana per livello di gravità di tale fenomeno.
La ricchezza prodotta a Palermo è scesa di ben 13 punti percentuali negli ultimi 5 anni. Nel 2012, il 25,8% delle famiglie palermitane (circa il doppio della media italiana) si trovava già in condizione di povertà relativa, rivelando una crescita di 1,7 punti percentuali rispetto al 2011. Palermo, con 39 punti percentuali di debito familiare in più rispetto al valore medio nazionale, è la seconda provincia italiana per livello di gravità del fenomeno.
Anche questo dato emerge dall’Osservatorio economico della provincia di Palermo realizzato dalla Camera di Commercio di Palermo in collaborazione con l’Istituto Tagliacarne di Roma e presentati oggi. Secondo il rapporto, “ciò ha generato costi sociali, ambientali e da congestionamento delle infrastrutture e dei servizi, e ha eroso le forze produttive del territorio in particolare nel settore industriale e dell’agricoltura di qualità”.