L’estradizione è un meccanismo di cooperazione giudiziaria internazionale che si esercita nella consegna di una persona da uno Stato, nel cui territorio si trova, a un altro che ne abbia fatto domanda affinché la persona possa essere sottoposta a giudizio o all’esecuzione a suo carico di una sentenza di condanna o ad altro provvedimento restrittivo della libertà personale cosiddetta “estradizione esecutiva”).
L’istituto è previsto anche dalla Costituzione ed è disciplinato dalla legge italiana e dalle convenzioni internazionali. L’estradizione è “attiva”, quando è l’Italia a presentare domanda a un altro Paese, e “passiva”, quando è un altro Paese a farne domanda all’Italia. L’estradizione attiva, come nel caso Dell’Utri, è regolata dagli articoli 720-722 del Codice di procedura penale.
Il Guardasigilli “ministro competente (articolo 720) a domandare ad uno Stato estero l’estradizione di un imputato o di un condannato nei cui confronti debba essere eseguito un provvedimento restrittivo della libertà personale”: può farlo sia “su richiesta del procuratore generale presso la Corte d’appello nel cui distretto si procede o e’ stata pronunciata la sentenza di condanna” sia “di propria iniziativa”.
Ed è ancora il ministro della Giustizia a decidere “in ordine all’accettazione delle condizioni eventualmente poste dallo Stato estero per concedere l’estradizione, purché non contrastanti con i principi giuridici fondamentali dell’ordinamento giuridico italiano”..
In ogni caso, la persona estradata (articolo 721) non può essere sottoposta a restrizioni della libertà personale in esecuzione di una pena o misura di sicurezza ne’ assoggettata ad altra misura restrittiva della libertà personale per un fatto anteriore alla consegna diverso da quello per il quale l’estradizione è stata concessa”.