Da domani nelle sale italiane verrà proiettato il controverso film “hard” di Lars von Trier: Nymphomaniac. Per chi ancora non lo sapesse il lungometraggio nella sua interezza ha una durata di quasi 5 ore, per questo la distribuzione ha deciso di dividerlo in due. Infatti nei cinema italiani gli spettatori vedranno solo la prima parte, il “volume 1”, con il divieto di visione per i minori di 14 anni.
Chi ha avuto la possibilità di vederlo integralmente in un’unica tornata, come chi in questo momento sta scrivendo, si sarà reso conto che il continuo riferimento al genere pornografico può essere giudicato una mera trovata pubblicitaria. Non si nega la presenza di continue e più o meno esplicite scene di sesso, ma non va dimenticato che si tratta della vita di una donna ninfomane, ovvero patologicamente dipendente dal sesso.
La vita di Joe, la protagonista interpretata dalla malinconica Charlotte Gainsbourg, raccontata ad un misterioso e apparentemente virgineo sconosciuto (Selingman, interpretato da Stellan Skarsgård) viene ripercorsa dalla ninfomane con foga e voglia di espiazione. Un percorso travagliato ed esperienze estreme condensate in lunghi e cruenti flashback restituiscono allo spettatore un corpo martoriato dalla dipendenza. Nymphomaniac non è intrattenimento, è una vita, sicuramente sopra le righe, sicuramente controcorrente, sicuramente più difficile e meno eccitante di quanto si possa pensare credendo di accingersi a vedere un film “hard”.
Un percorso lugubre e mai allegro verso l’accettazione di sé stessi: dalla fanciullezza, passando dall’adolescenza, alla maternità e all’età adulta, scadenzato da rapporti sessuali, difficoltà psicologiche e citazioni colte, costituiscono il cuore dell’ultima opera del regista danese. Nella pellicola ritroveremo un cast stellare e all’altezza della difficile storia controversa. Tra gli altri un redivivo e magnifico Christian Slater, Uma Thurman, Willem Defoe e Shia Labeouf.
Come ogni vita, anche quella di Joe arrivata quasi al suo tramonto, è anche un tentativo di redenzione cui si approccia quasi ogni essere umano. Lars von Trier così lancia infine un messaggio affatto incoraggiante, tratteggiato da un finale sconvolgente che vale un’intera pellicola: il risultato delle nostre fatiche non dipende da noi, o almeno non solo da noi. Per quanto si possa pensare che gli errori individuali, le ambizioni come le perversioni, siano un frutto solo nostro, il registra con un colpo di spugna ci contraddice brutalmente. Le nostre fatiche e le nostre speranze sono anche il risultato dei rapporti interpersonali che inevitabilmente tenteranno costantemente di allontanarci dalla catarsi.