Cambia la zona delle ricerche dei rottami dell’aereo malese scomparso nelle acque dell’Oceano Indiano l’8 marzo scorso. Le operazioni sono riprese oggi, dopo lo stop per il maltempo, e, seguendo “una nuova pista affidabile” si sono spostare di circa mille chilometri a Nord Est.
Lo ha reso noto l’Autorità australiana per la Sicurezza marittima (l’Amsa, nel suo acronimo in inglese), in un comunicato in cui ha precisato che le ricerche si concentrano circa 1.850 chilometri ad ovest della città australiana di Perth e coprirà un’area di 319 mila chilometri quadrati. Finora non sono stati trovati detriti, ma l’analisi di nuovi dati satellitari e dei radar ha portato a identificare un’area più vicina alla terra e più a nord.
Intanto, nella ricostruzione delle cause che hanno fatto precipitare il boeing della Malaysia Airlines con 239 persone a bordo, spunta l’ipotesi dell’alta velocità. “Le nuove informazioni di cui disponiamo – ha fatto sapere l’Agenzia australiana di Sicurezza marittima – indicano che l’aereo volava più veloce di quanto stimato”. Tornano dunque i sospetti sul pilota.
Intanto continua la missione dell’inviato cinese in Malaysia, il vice ministro degli Esteri, Zhang Yesui, che nei giorni scorsi ha incontrato il primo ministro malese, Najib Razak, a cui ha rinnovato l’invito a mantenere un livello di priorità alta nelle ricerche del volo scomparso, e ieri ha incontrato i parenti delle vittime cinesi. Le famiglie delle vittime nei giorni scorsi hanno manifestato la loro rabbia davanti all’ambasciata malese di Pechino: sotto accusa il gelido sms con cui la compagnia di bandiera malese aveva avvisato i familiari dei passeggeri del volo MH370 degli esiti delle indagini.
Leggi anche: