Diciassette politici condannati dalla Corte dei Conti per danno erariale alla Regione. Il danno sarebbe stato determinato da 512 delle tremila assunzioni di barellieri alle Sise, oggi Seus, che gestisce il servizio di emergenza del 118.
La sentenza è della Sezione giurisdizionale d’appello della Corte dei Conti e i politici condannati dovranno risarcire 730 mila euro ciascuno, per un totale di oltre 11 milioni di euro.
“L’unica conseguenza del rigetto dell’istanza di ricusazione – precisa l’avvocato Massimiliano Mangano, difensore di alcuni dei politici coinvolti nell’indagine della Corte dei Conti sul servizio del 118 – è che, quando sarà fissata l’udienza di merito del ricorso per revocazione, del Collegio potranno far parte magistrati già a suo tempo componenti del collegio che ha pronunciato la sentenza 62/A/2013. La sentenza, quindi, non è ancora definitiva”.
I condannati sono l’ex governatore Totò Cuffaro, Francesco Cascio, Antonio D’Aquino, Mario Parlavecchio, Giovanni Pistorio, Francesco Scoma, Michele Cimino, Fabio Granata, Carmelo Lo Monte e Innocenzo Lentini (all’epoca presidente e assessori), Giuseppe Arcidiacono, Giuseppe Basile, Giancarlo Confalone, David Costa, Nino Dina, Santi Formica e Angelo Moschetto (all’epoca componenti della commissione).
Si tratta del cosiddetto “scandalo Sise”, dal nome della società interamente partecipata dalla Croce Rossa Italiana che ha gestito fino al 2010 (adesso c’è la Seus) il servizio di emergenza attraverso una convenzione con la Regione siciliana: in piena campagna elettorale, tra il 2005 e il 2006, furono assunte in massa 1200 persone tra barellieri, autisti soccorritori e amministrativi, che sono entrati a far parte del 118 sul territorio regionale, facendo lievitare enormemente i costi del servizio. Una vicenda che allora sollevò un vespaio di polemiche in quanto fu considerata un’operazione clientelare.